LE RELIGIOSITA’ MESOAMERICANA TRA  SCIAMANESIMO E CURANDERISMO (reportage di Viaggio)

di Andrea Romanazzi

Il multiverso Maya e l’albero cosmico

La tradizione religiosa Mesoamericana affonda le sue radici in un lontano passato, quello dei primi colonizzatori del Nuovo Mondo, ovvero le popolazioni asiatiche che, 50.000 anni a.C., attraversarono lo stretto di Bering, insieme alle loro credenze magico-religiose tra cui lo sciamanesimo, il culto degli antenati e la credenza di un universo multistrato. Questo articolo, frutto di due mesi di ricerche sul campo, proverà a scandagliare tutte le caratteristiche magiche e religiose di quest’area del mondo. Come un gigantesco albero di Ceiba, suddiviso in radici, tronco e rami, l’universo conosciuto, secondo la tradizione sciamanica mesoamericana, è diviso in tre mondi, quello di mezzo, ove vivono gli uomini, quello superiore ed inferiore, a loro volta suddivisi in ulteriori livelli, dove dimorano spiriti guida ed entità sovrannaturali.

Nelle credenze Maya, ad esempio, i livelli del mondo inferiore sono nove, ben presenti anche nelle architetture religiose, attraverso i quali il defunto doveva viaggiare per poi risalire tra gli spiriti che popolano i 13 livelli superiori (fig.1).

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Il simbolo del sacro albero che collega i mondi caratterizza tutta la tradizione mesoamericana. Forse la più nota rappresentazione è quella proposta sulla lastra tombale presente a Palenque, in Messico. In questo interessatissimo sito archeologico maya situato nello stato messicano del Chiapas, troviamo il Tempio delle Iscrizioni (Fig.2).

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Qui, in particolare nella “camera delle Visioni”, i sovrani-sciamani entravano in comunione con il divino attraverso stati alterati di coscienza. Era uno dei tanti “luoghi dei sogni” Maya dove i re-sciamani potevano riconnettersi con i propri spiriti guida o uay, nonché l’accesso a Xibalbà, ovvero “il luogo della paura”, come testimoniano i molteplici bassorilievi parietali che raffigurano antenati e divinità dell’Oltretomba. Fu Alberto Ruz Lhuiller a riscoprire, nel 1952, il sito. Rimuovendo una pietra del pavimento in una sala del tempio trovò un passaggio segreto che conduceva, attraverso una lunga scalinata di 66 gradini, ad una cripta situata nel centro della piramide. Era la tomba del re Pakal, controllata dalle anime di cinque uomini lì sepolti a guardia del passaggio. All’interno della cripta era ed è presente un lastrone-bassorilievo (fig.3)

più noto per l’ipotesi extraterrestre, ovvero come la raffigurazione di un astronauta alla guida di un razzo ante litteram con tanto di respiratori e comandi manuali. In realtà tale disegno raffigura un uomo, o molto più probabilmente uno sciamano, intento a scalare l’albero universale, che si estende dalle profondità dell’Oltremondo, raffigurato dalle fauci aperte di un mostro infernale, il serpente di osso, per giungere sino ai mondi ultrafanici raffigurati dal magico uccello piumato, Itzam-Yeh, ovvero “l’apportatore di magia” che raffigura le imponenti forze naturali nonché l’unione estatica degli sciamani con il divino.

Sarà questo albero universale a trasformarsi, successivamente, nella più nota “croce maya”, espressione, per i missionari cristiani che approdavano nel Nuovo Mondo, della rivelazione del Cristo anche tra gli “infedeli” .

Il ricordo del sacro culto dell’albero da cui discendono gli Dei sulla terra e su cui si sviluppa l’Universo è presente ancora oggi nel folklore locale come nel rituale “dei volatori” Totonachi. Durante questa cerimonia, cinque uomini, vestiti con gli abiti tradizionali si arrampicano su di un palo altissimo. Raggiunta la cima quattro di questi sistemano delle corse attorno al corpo preparandosi ad una sorta di bungeejumping mentre il quinto suona i sacri strumenti. Terminata la musica i “volatori” si gettano giù dall’albero verso i quattro angoli del globo. Per alcuni si tratterebbe di un rituale di fertilità, per altri potrebbe essere la simulazione degli dei che ridiscendono sulla Terra. Effettivamente rituali di fertilità erano svolti presso i Maya. AUxmal è presente un elemento betilico fallico infisso nella terra e strettamente connesso ai culti di procreazione. Culti di fertilità sono poi presenti a Chichèn Itza, letteralmente “bocca del pozzo dei maghi”, ove si venerava il sacro crotalo che, mutando pelle, diviene simbolo della vita oltre la morte e della rinascita e rigenerazione universale. Ecco così che il serpente nell’atto di cibarsi dell’umano che gli spunta dalla testa, altro non è invece che il simbolo di una eiaculazione dell’uomo che fuoriesce dal corpo del rettile a novella vita.

Anche il “salasso fallico” e la decapitazione rituale che venivano praticate dai Maya riportano direttamente al culto fallico e dell’estasi orgasmica del Dio. Troncare il capo di un uomo garantiva l’apertura di un passaggio per il Signore del “Mondo di Sotto” che, attraverso tale foro, poteva ritornare sulla Terra con la propria energia divina o itz. Questa la motivazione dei bassorilievi raffiguranti mostruose creature che fuoriescono dal corpo decollato del sacrificato, mentre gli schizzi di sangue diventavano eiaculazioni energetiche in grado di ridare fertilità alla terra. Espressione di un credo di fertilità vegetazionale, il rituale era sicuramente mutuato dalle credenze sacro-vegetazionali ove il dio del granturco era “sacrificato”, con il taglio della mietitura, per poter assicurare novella vita. Egli rinasce dalle proprie ceneri e inonda di fertilità il suolo con il suo “sangue”.

Lo sciamanesimo messicano e le sostanze psicotrope

Anche in Mesoamerica, come nel resto del continente, la cultuazione del divino avveniva esclusivamente con fini pratici e con l’unico scopo di migliorare la vita dell’uomo. In questa visione il dio non è immaginato come una entità primigenia e universale, ma attraverso le sue manifestazioni più terrene. Tutto quello che circonda l’uomo, montagne, fiumi, mari, foreste, sono espressione del ch’ulel, il principio o energia divina e vengono cultuate sotto l’aspetto di esseri antropomorfi o zoomorfi come ad esempio, nella tradizione Maya, il dio fulmine Cauac o il più noto Quetzalcoatlil dio giaguaro, legato al culto di morte e resurrezione. Anche se il 90% della popolazione dell’area Mesoamericana professa oggi la religione cattolica portata in tali terre tra il XVI e il XVII secolo dai missionari che cercarono di innestarla sui culti preesistenti, queste credenze pagane, ben lungi dall’essere state dimenticate, sono state “ribattezzate” con i nomi dei santi cristiani. Attualmente, per la maggior parte della popolazione messicana, l’intermediario tra l’uomo è il divino è lo sciamano, colui che conosce il linguaggio degli dei e può dialogare con loro. Egli è spesso sacerdote e guaritore in un mondo ove la malattia è legata al disequilibrio energetico e al rapporto con entità spirituali e sovrannaturali. E’ lo sciamano che deve rinsaldare il legame rotto attraverso la conoscenza della medicina tradicional l’ausilio degli spiriti. Caratteristica dello sciamanesimo mesoamericano e messicano è l’utilizzo degli allucinogeni. Aztechi e Maya utilizzavano a scopo rituale funghi della famiglia dei Panaeolus o PsiloCybe, definiti il “lampo degli dei”, mentre i Maztechi consideravano i funghi come delle entità dotate di vita propria. Lo sciamano che assume questi allucinogeni si trasforma, ovvero si connette, al suo spirito guida venendo così a conoscenza dei suoi poteri poi sfruttati per la guarigione. Ancora oggi si usano  diffusamente sostanze allucinogene sia vegetali che animali, come la datura, o il  bufo. In altri casi il “potere” è donato allo sciamano dal rituale dello yagè, una mistura, ottenuta dall’infusione di due piante, la Banisteriopsis Caapi e la Pychotria Viridis, che viene preparata dagli stregoni che si sincerano prima di aver cacciato tutti i demoni che possono insinuarsi nella bevanda sacra. Tale rituale permette allo sciamano di “svuotarsi” e permettere l’ingresso nel suo corpo degli spiriti degli dei, spesso sostituiti dai santi Cattolici che hanno oggi quasi completamente sostituito il pantheon autoctono, o dei defunti che così daranno lui indicazioni divinatorie o di guarigione. Nel Messico del nord è invece molto diffuso il peyote, raccolto in appositi pellegrinaggi nel Wirikuta, il sacro deserto, che diviene espressione del sacro insieme al culto del mais e del cervo creando una “trinità” cultuale naturale (Fig.8-9).

La figura del Wixarika

Presso gli Huichol, discendenti dei cacciatori e raccoglitori Chichimechi della Sierra Madre Occidentale del Messico, che ho avuto modo di studiare direttamente, lo sciamano, o Wixarika, “colui che onora gli antenati”, è “reclutato” dalla volontà divina che si manifesta spesso con una lunga malattia. Il soggetto deve poi seguire un lungo periodo di training di circa cinque anni che lo porta a conoscere le simbologie, le offerte, il linguaggio degli dei e con gli spiriti guida. In particolare l’alleanza con gli spiriti guida è legata a rituali che consistono nella cattura dell’animale per utilizzare il suo sangue. Un ruolo fondamentale ha la conoscenza della magia del già citato peyote, venerato come divinità vegetazionale che permette allo sciamano che lo ingerisce l’estasi. Vengono effettuate lunghe spedizioni per recuperare tale pianta in quella terra desolata definita appunto il “deserto del peyote”. Molteplici sono così i racconti mitizzati di questo viaggio dal mare ad ovest, fino alle cime di Wirikuta, l’ancestrale luogo sacro degli Huichol. Durante questi pellegrinaggi vengono raccolti dallo sciamano gli oggetti di potere che poi utilizzerà durante i suoi rituali come la bacchetta piumata utilizzata nelle fumigazioni, piante, pietre ed amuleti. Pellegrinaggi simili sono presenti anche nelle tradizioni degli sciamani owirùame, tra gli indigeni Tarahumara.

Nella tradizione sciamanica mesoamericana non c’è una discriminazione sessuale: lo sciamano può essere sia uomo che donna, come peraltro nelle antiche tradizioni Maya, dove, ad esempio, si narra di Yaxchilan, una potente sciamana nota per la sua capacità divinatoria e i suoi poteri donati dagli antichi antenati serpente. Donne sciamane erano presenti anche nelle tradizioni Olmeche e Mazteche. Vi è comunque una piccola differenza tra i sessi: gli uomini hanno funzioni più legate alla comunità, mentre le donne sono legate ad un ambiente più domestico. Tra i compiti più comuni dello sciamano troviamo quelli divinatori e quelli legati alla guarigione.

Il Curanderismo

Al fianco dello sciamano, alcune volte confuso con esso, troviamo la figura del Curandero. Oggi il Curanderismo è una sorta di disciplina olistica che utilizza il potere delle erbe, unito a quello degli spiriti, per la guarigione e la divinazione. Tale tradizione si è sviluppata nel recente passato in America Latina ed in particolare in Messico, in una commistione tra credenze locali e la cultura spiritualista che proveniva dall’Europa e dai vicini  Stati Uniti. I Curanderi, di entrambi i sessi, non hanno un testo sacro o una “scuola”, ma ognuno pratica una propria tecnica pratico-spirituale appresa dall’esperienza. Non c’è una iniziazione spirituale ma semplicemente un vero e proprio apprendistato presso uno più “esperto”. Normalmente ricevono, presso le proprie abitazioni, in uno spazio allestito appositamente con un templo, una sorta di altare dove alle statue di Santi o del Cristo troviamo oggetti sacri preispanici (fig.11). 

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Esistono curanderi che utilizzano droghe e/o entrano in contatto con forze sovrannaturali capaci di svelare loro le cause di una malattia ma non è una pratica molto diffusa. Funzione primaria del curandero è infatti quella di essere i medici dei poveri, spesso con vere e proprie specializzazioni. Ecco così che troviamo la partera, ovvero una figura simile alla “mammana” italiana, colei che sovraintende il parto e aiuta le donne in stato interessante, le Hermanitas, le “sorelline”, veggenti, in grado di individuare le malattie e praticare cerimonie di purificazione, dette Limpias. Questo rituale consiste nello strofinare un mix di erbe, spesso infuocate, note come pirul, sul corpo del malato. Vengono contestualmente recitate preghiere e scongiuri o spruzzare alcool dalla bocca. Ci sono poi i vendetores de hierbas che, oltre a commerciare in piante, sono molto spesso guaritori. Un’altra figura particolarmente nota è lo huesero, specializzato nel curare le fratture e le malattie ossee, anche attraverso la tecnica della temazcal, una sorta di “capanna sudatoria” mesoamericana.

Altra tipologia di curanderi messicani sono i graniceros. La loro iniziazione è essenzialmente spirituale, sarebbero persone che sono state colpite da un fulmine o che hanno avuto contatti con entità spirituali legate al mondo degli elementi atmosferici. In cambio di un corpo materiale nel quale dimorare,gli spiriti donano loro la capacità di controllare gli eventi atmosferici nonché le malattie generate dagli aire, spiriti che si manifestano come vento e che entrano nel corpo delle persone riempiendo i vuoti lasciati dall’anima che per alcuni motivi si è allontanata. Il loro compito è quello di recuperare la sombra del paziente e re-insufflarla nel corpo. Il rituale, particolarmente complesso, prevede un primo test diagnostico attraverso la già citata limpia-pirul a base di ruta. Se le erbe, dopo essere state passate sul corpo del paziente, una volta sul fuoco scoppiettano, vuol dire che è presente un aire. Segue quindi un rituale di guarigione con uova ed offerte agli spiriti dell’aire.

L’uovo viene passato su corpo del paziente, scendendo dalla testa fino ai piedi e, successivamente rotto e versato in un bicchiere di acqua per esaminarne il contenuto sperando che abbia catturato l’aire. In casi più difficili può essere utilizzato come transfert un pollo nero che, dopo essere stato passato sul corpo del paziente viene lasciato libero in posti isolati perché esso stesso sarà diventato il corpo materiale di un aire.

Nella tradizione autoctona, le malattie hanno spesso un’origine spirituale ma possono essere anche generate da una bruja, uno stregone malefico. In questo caso un oggetto estraneo, una pietra, una spina, un insetto, portatore del male, viene introdotto inconsapevolmente nel corpo di una persona.

Uno dei centri più noti per vedere dal vivo questi rituali è la comunità indigena Tzotzil di San Juan Chamula. All’interno della Chiesa del paese (fig.12) esteriormente cristiana, ancora oggi vengono svolti rituali di guarigione attraverso l’utilizzo di candele, uova e sacrifici di galline. E’ assolutamente vietato fare video e riprese al suo interno, pena l’essere violentemente picchiati dalle guardie appositamente attrezzate con i manganelli.

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Un breve video, non nostro, lo trovate su youtube

Il rito della Limpia albahaca e dell’uovo

Tra i differenti rituali del curanderismo messicano quello più noto è la già citata Limpia attraverso l’utilizzo della albahaca, ovvero il basilico. I curanderi, dopo aver accertato che il male sia di origine spirituale, realizzano delle lozioni con cui strofinano il corpo del cliente circondato da candele rose e petali di rosa. Successivamente con un mazzo fresco di basilico picchiettano il corpo dello stesso e lo “ripuliscono” dalle energie negative. Successivamente il mazzo di foglie viene posto dinnanzi al cliente che vi deve salir sopra e pestarlo con l’intenzione della purificazione. Infine il curandero versa sopra tali foglie dell’alcool o della benzina e da fuoco al tutto per far cancellare le negatività. Il tutto si svolge tra candele dai differenti colori e combinazioni delle stesse come in un curioso codice morse, il cui significato è noto solo al curandero, e bottiglie di bevande gassate, in particolare coca-cola. Infatti una credenza comune anche ad altre aree culturali, vuole che la malattia si annidi nel ventre, così l’eruttazione che segue alla bevuta del malato è la rappresentazionescenica dell’allontanamento del male. Un’altra tecnica utilizzata dai curanderi, sempre basata su una magia simpatico-naturalistica, più che altro legata però all’eliminazione del malocchio, è quella legata all’utilizzo dell’uovo. Nella tradizione mesoamericana se una donna, un bambino o un ragazzo hanno un sonno agitato, diarrea, vomito e/o uno stato febbrile si pensa siano stati affatturati da qualcuno. La cura tradizionale per il “mal de ojo” nel Messico rurale comporta che un curandero passi sul corpo del cliente un uovo di gallina sul corpo per fargli assorbire le negatività. Successivamente L’uovo viene rotto in un bicchiere ed esaminato e successivamente gettato via ad un crocicchio eliminando così il male. Ovviamente questo, come tutti gli altri rituali, possono essere svolti solo dal curandero perché egli è il detentore del potere e della conoscenza.

Il Culto della Santa Muerte

Terminiamo il nostro excursus tra le religioni e i culti messicani con un culto piuttosto recente ma che ha origini pre-colombiane, e che oggi coinvolge tra i 10 e i 12 milioni di adepti in Messico: la Santa Muerte. La tradizione vuole che questo culto, come oggi lo conosciamo,abbia avuto origine negli anni ’60 quando una “Madonna Morte” apparve  ad un contadino di Veracruz, chiedendogli di diffondere in suo culto in Messico. In realtà le origini della Nostra Signora della Santa Morte probabilmente sono da collegare con la dea azteca Mictecacihuatl, chiamata la “Dama della morte”. Con l’arrivo degli spagnoli oltre alla conquista territoriale iniziò quella spirituale, attraverso un processo di evangelizzazione. Il culto pagano delle antiche divinità, tra cui quello di Mictecacihuatl si incrociò con i santi cattolici ed in particolare con la Vergine di Guadalupe creando la figura della Santissima, nome con cui amano chiamarla i suoi devoti. Secondo l’antropologa Ortìz Echeniz, con il tempo anche altre tradizioni magico-religiose, come la Santeria e la religione yoruba hanno contribuito allo sviluppo di un culto che, anche a causa del velo di mistero e segretezza che lo accompagnava ha favorito la nascita di terribili leggende. Nonostante la Chiesa Cattolica abbia condannato ufficialmente questo culto, santuari sono presenti un po’ ovunque in Messico. Il più famoso e importante santuario della Nuestra Señora de la Santa Muerte in Città del Messico, nel quartiere povero di Tepito, considerato uno fra i più pericolosi della capitale (Fig.13-14). Qui la Santissima è fortemente venerata nel campo delinquenziale, patrona dei narcos, dei poveri, delle prostitute, dei detenuti, nonché come simbolo di rivalsa delle classi subalterne. Misericordiosa ma allo stesso modo fortemente temuta viene invocata per proteggere l’individuo dalla stessa.

Una volta che si chiede la grazia il fedele viene a lei consacrato e deve costruire un piccolo altare con la sua effige nella propria dimora, una “ofrenda”, a cui lasciare doni e dove poterla venerare, in particolare gioielli preziosi, soldi, frutti, caramelle, sigarette e birra.

Il culto spesso si intreccia con il Dia de Muertos, la festività messicana che si tiene in genere tra il 28 ottobre e il 2 novembre in cui si ricordano gli amici e i parenti defunti, nonché si compiono cerimonie e processioni proprio in onore della Morte. In realtà si tratta di espressioni magico-popolari molto differenti. La “signora della morte”, nota come “La Catrina”, uno scheletro di donna vestito solo di un cappello in stile 1800, non va confusa assolutamente con la Santa Muerte. Oggi il culto della Santissima si è globalizzato sia per la migrazione di milioni di latinos negli Usa sia per la sua “viralità” sul web e i social network. Si parla di con 10 milioni di adepti sparsi tra Messico, Usa e web.

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