di Andrea Romanazzi

Le filastrocche pugliesi sono un autentico patrimonio culturale, un tesoro di saggezza popolare che ha attraversato i secoli grazie alla tradizione orale. Questi versi, semplici e spesso accompagnati da melodie altrettanto essenziali, riflettono la quotidianità, le credenze, e la fede della gente di Puglia. Non si trattava soltanto di parole per intrattenere i bambini, ma di veri e propri strumenti di comunicazione, veicoli di valori, di saggezza, e di memoria collettiva.

Dal Gargano al Salento, ogni angolo della regione conserva le proprie peculiarità e narrazioni, ma tutte condividono un legame profondo con il territorio, con la gente e con i cicli della natura. Questi componimenti non erano solo dei semplici passatempi per bambini, ma svolgevano una funzione educativa e sociale molto più profonda. Le filastrocche erano infatti un mezzo attraverso il quale venivano tramandati insegnamenti morali, norme di comportamento, ma anche conoscenze pratiche legate alla vita di tutti i giorni, come i cicli della natura, il lavoro nei campi, le feste e le ricorrenze religiose. In un contesto in cui l’analfabetismo era diffuso, la tradizione orale aveva un ruolo cruciale nel mantenere viva la memoria storica e culturale di una comunità.

Ogni verso è un frammento di un mosaico più grande, che racconta non solo la vita quotidiana, ma anche il modo in cui la gente affrontava le difficoltà e celebrava i momenti di gioia. Questo patrimonio immateriale è una testimonianza della resilienza e della creatività di generazioni di pugliesi che, attraverso il canto e la parola, hanno saputo costruire un senso di appartenenza e identità.

Purtroppo, molte di queste filastrocche, una volta così vitali nella vita delle comunità, stanno cadendo nell’oblio. La modernità e i cambiamenti sociali hanno portato con sé una perdita progressiva di questo sapere tramandato oralmente.

Uno dei canti più rappresentativi è “Quanno nascette Ninno”, scritto nel 1754 da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Questo brano, originariamente in dialetto napoletano, si diffuse anche in Puglia e narra la nascita di Gesù con immagini poetiche. Varie poi sono le “strine” (canti augurali), le filastrocche e leggende legate al Natale. Questi canti hanno origini molto antiche, radicate nelle tradizioni agricole e pastorali della regione e influenzate da elementi culturali e religiosi stratificati nel tempo. Le loro radici si trovano in un misto di pratiche precristiane e cristiane, intrecciate con il folklore locale. Un esempio è SANTA ALLEGREZZA originaria di Molfetta, una vivace città situata sulla costa adriatica della Puglia, a pochi chilometri da Bari. Conosciuta per il suo pittoresco porto, il suggestivo centro storico e le maestose chiese romaniche come il Duomo di San Corrado, rappresenta un importante centro culturale e turistico. La città vanta una tradizione marinara profondamente radicata, evidente nelle sue feste patronali e nelle attività legate alla pesca. Come in altri paesi pugliesi, anche a Molfetta il Natale è un momento magico. E’ tra le antiche tradizioni del borgo che abbiamo trovato una antica e dimenticata filastrocca: “Santa Allegrezza”, un tempo simbolo del Natale molfettese, oggi sono sempre più rara da ascoltare, e relegata a qualche vecchia registrazione o al ricordo delle generazioni più anziane.

L’origine del canto popolare “Santa Allegrezza” affonda le sue radici nella tradizione religiosa e culturale delle comunità rurali del Sud Italia, in particolare della Puglia. Questo canto natalizio, ricco di devozione e sentimento, ha attraversato i secoli come un inno alla gioia per la nascita di Cristo, venendo tramandato oralmente di generazione in generazione.

Negli anni ’60, Mons. Giovanni Capursi condusse un’approfondita ricerca su “Santa Allegrezza”, analizzandone il testo e il significato in un contesto sia liturgico che popolare. Attraverso uno studio sistematico, Capursi raccolse e confrontò diverse versioni orali e manoscritte, tra cui quella dei “becchini” (antecedente al 1884), la trascrizione del sacerdote Nicola Antico nel 1884 – conservata in una raccolta di novene e preghiere della Parrocchia di San Gennaro – e la versione riportata dal cieco Gaetano Grillo nel 1880. Altre varianti emersero dalle stampe delle tipografie locali di Molfetta, come quelle di Picca (1891), Conte (1901) e De Bari (1906), quest’ultima realizzata in un’edizione destinata alle famiglie aristocratiche, oltre a una versione di provenienza barlettana.

Capursi avanzò l’ipotesi che l’origine del testo potesse essere legata a Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, grande compositore e poeta sacro, o ai poeti di scuola liguoriana, come Caione, Pavone e Spina. Un’altra possibilità suggerita dal monsignore è che l’autore fosse un membro dell’ordine dei Padri Redentoristi, il cui carisma includeva la diffusione di inni religiosi tra il popolo.

Anche dal punto di vista musicale, “Santa Allegrezza” presenta una ricca tradizione. Tra le edizioni più note si ricordano quella composta da Giuseppe Peruzzi nel 1880, quella di Angelo Inglese, caratterizzata da uno stile pastorale, e quella di Don Salvatore Pappagallo, che fu eseguita solennemente davanti a Papa Paolo VI il 18 dicembre 1963.

“Santa Allegrezza” veniva cantata durante il periodo natalizio nelle case di amici e parenti, accompagnata dal suono di chitarre, mandolini e dalla voce corale di più cantanti. Non si limitava a celebrare la nascita di Cristo, ma aveva anche la funzione di rafforzare il senso di comunità, creando un momento di unione e di condivisione della gioia del Natale.

In un’epoca in cui le case erano spesso fredde e scarsamente illuminate, e le possibilità di svago molto limitate, il canto e la musica erano momenti di grande importanza emotiva, capaci di portare luce e speranza nelle lunghe notti invernali. Oggi, il rischio è che queste filastrocche, che un tempo erano il fulcro della vita sociale e spirituale delle comunità pugliesi, vadano perdute per sempre. La “Santa Allegrezza” è un esempio di come la musica e la narrazione si fondessero per creare un’atmosfera di calore e accoglienza. Il canto natalizio rappresentava una forma di preghiera collettiva, un’occasione per riunire le famiglie e rinsaldare i legami sociali.

Di seguito riportiamo il testo integrale della “Santa Allegrezza”:

“Cantare ie voglie la santa allegrezza de Die la bellezza maggior degnita; s’è incarnata la Vergine pia lasciand’a Marie la sua verginità, con amor tante e con amor tante quanto volle lo Spirite Sante.

Quando gravida foste, o Regine, il ciele divine faciestes stupir, quando l’intese Giuseppe devot’ cercava ne lugghie ne partorì, con umil gèrghe e con umil gèrghe insieme a Marie cercave l’alberghe.

Al sonar de la mezza notte s’apriron le porte illustri del ciele; e col favor dello Spirite Sante, con suono e cante partorì Marie. È nate il Bambine, è nate il Bambine re del ciele sovrane e divine.

Così discese dal cielo in terre la musica bella se fece sentir e con organi e grandi sinfonie la profezia s’udiva dire: glorie ed onore, glorie ed onore, è nato il Messia, nostro Redentore…”

Potete ascoltarla su questo link di youtube


Nònne Nònne” e “Lè notte du Nètale”

Altri due interessanti canti sono “Nònne Nònne” e “Lè notte du Nètale, due gioielli della tradizione popolare natalizia pugliese, esempi di un’eredità culturale profondamente radicata nel tessuto rurale e contadino del passato. Entrambi si collocano all’interno di un repertorio musicale semplice ma carico di significato, tramandato oralmente da generazioni, e rappresentano una testimonianza viva della fede e della gioia collettiva per il Natale.

“Nònne Nònne”

“Nònne Nònne” si presenta come una dolce nenia, probabilmente nata per accompagnare i momenti di raccoglimento e devozione familiare durante le festività natalizie. Il ritmo cullante del canto e il linguaggio semplice richiamano la tenerezza del rapporto tra madre e figlio, evocando la scena intima della Madonna che accudisce il Bambino Gesù. Spesso interpretato da donne anziane o da gruppi familiari, il canto riflette la dimensione domestica e affettuosa del Natale, un momento in cui la comunità si stringeva attorno al mistero della Natività.

L’atmosfera creata da “Nònne Nònne” è quella di un dialogo sereno e pacificante, che ben si adatta alla cornice di case modeste illuminate dalla luce tremolante del fuoco, dove il profumo delle bucce di agrumi e la devozione accompagnavano le celebrazioni natalizie.

“Lè notte du Nètale”

“Lè notte du Nètale” è invece un canto che esprime l’attesa e la meraviglia della notte più importante dell’anno, la vigilia di Natale. Con il suo linguaggio poetico e il ritmo coinvolgente, il brano racconta l’emozione di un popolo che celebra la venuta di Cristo come luce nelle tenebre. Le strofe spesso descrivono il viaggio dei pastori verso la grotta di Betlemme, accompagnando il loro cammino con parole cariche di speranza e gratitudine.

La struttura musicale è solitamente più dinamica rispetto a quella di “Nònne Nònne”, con una melodia che invita alla partecipazione collettiva, come a voler coinvolgere l’intera comunità in un momento di condivisione e festa. Questo canto rispecchia la cultura di un tempo in cui la musica era un mezzo per rafforzare i legami sociali e tramandare valori religiosi e morali.

Un patrimonio culturale vivo

Entrambi i canti appartengono a quella che Pietro Capurso definisce “cultura precapitalista e contadina”, un periodo in cui le tradizioni orali erano l’unico mezzo per perpetuare usi e costumi popolari. Nei canti natalizi come “Nònne Nònne” e “Lè notte du Nètale”, emerge una spiritualità radicata nella semplicità della vita quotidiana e nella profonda devozione che animava le comunità rurali.

Se volete ascoltarle anche in questo caso vi rimando al canale youtube

https://youtube.com/@musicistasuonato?si=Rjy1FZ9WTT0LvwNZ

Queste melodie, dolci e ricche di significato, ci rimandano a un’epoca in cui il Natale era vissuto con autenticità, come un momento di festa sincera e corale. Riportarle alla luce oggi significa non solo salvaguardare un patrimonio culturale inestimabile, ma anche riscoprire il valore di una fede vissuta con semplicità e partecipazione.

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