di Andrea Romanazzi
Nel cuore della Brianza, tra antiche tradizioni e riti popolari, si conserva un culto speciale dedicato a San Mamante, un santo pastore il cui legame con la natura e il nutrimento ha attraversato i secoli. Nella piccola chiesa di Zoccorino, San Mamante è venerato non solo come protettore delle balie e simbolo del latte materno, ma anche come custode di un’antica saggezza legata alla terra e agli animali.
San Mamante o Mamete è una figura leggendaria del Cristianesimo, particolarmente venerata per la sua fede e le numerose tradizioni che circondano la sua vita.
Nato nel III secolo in Cappadocia, durante le persecuzioni contro i cristiani, la sua storia inizia in modo straordinario. I suoi genitori, Rufina e Teodoro, erano cristiani devoti e, proprio a causa della loro fede, vennero arrestati. Rufina, incinta, diede alla luce Mamante mentre si trovava in carcere. Rimasto orfano poco dopo la nascita, il bambino fu affidato a una nutrice che lo allevò fino ai 12 anni. Dopo la morte della nutrice, Mamante venne preso sotto la protezione del vescovo di Cesarea. Tuttavia, le persecuzioni continuarono, e il ragazzo fu arrestato per ordine dell’imperatore Aureliano. Sottoposto a terribili torture – flagellato, bruciato con fiaccole, lapidato e gettato in mare – Mamante sopravvisse miracolosamente a ogni tentativo di ucciderlo. Le pietre non riuscivano a ferirlo, il fuoco non lo bruciava, e il mare non lo annegava. Questo lo rese un simbolo di resistenza e fede incrollabile. In uno dei momenti più drammatici della sua vita, Mamante sentì una voce soprannaturale che gli disse: “Lascia la città e rifugiati sui monti”. Obbedendo a questa chiamata, si ritirò nei boschi, vivendo come pastore. Durante il suo esilio, mentre pregava accanto alle rovine di una chiesa incendiata, sentì nuovamente la voce divina: “Prendi un bastone e colpisci la terra”. Seguendo l’ordine, Mamante colpì il terreno e vi trovò un codice di Sacre Scritture, che portò con sé nella grotta dove si era rifugiato. Qui trascorreva il tempo leggendo e pregando. La sua vita nei boschi si intreccia con altri episodi straordinari. Si racconta che le bestie selvatiche della foresta – cervi, leoni e altri animali – si avvicinassero mansuete alla sua grotta, ascoltando volentieri la lettura del Vangelo. Mamante, che viveva spesso nella penuria, riusciva persino a mungere cervi e altre creature per nutrirsi, come testimonia Gregorio Nazianzeno: “Mamante, il pastore e martire, mungeva le cerve per nutrirsi”. Un altro episodio racconta che il governatore di Cesarea, irritato dalla fama di Mamante, inviò 400 soldati per arrestarlo. Quando questi arrivarono alla sua grotta, il santo li accolse con ospitalità, offrendo loro formaggi e parlando della sua fede. Durante l’incontro, le bestie della foresta – tra cui leoni – si avvicinarono mansuete, spaventando i soldati. Mamante li rassicurò, dimostrando che gli animali erano inoffensivi. Grazie a questa dimostrazione e al suo carisma, riuscì a convertire i 400 soldati, salvando le loro anime. Questa conversione infastidì ancor di più il governatore, che ordinò nuove torture per Mamante. Fu sottoposto a tormenti crudeli: legato con corde, cosparso di miele e ricoperto di formiche, lasciato senza cibo, ma il santo resistette miracolosamente. Alla fine, fu condannato a essere sbranato dalle belve nell’anfiteatro di Cesarea. Tuttavia, gli animali non lo attaccarono: un leone gli leccò il sudore, un altro si accucciò ai suoi piedi, e persino un leopardo si mostrò mansueto. Questi eventi aumentarono la venerazione popolare per Mamante. Quando il governatore ordinò di ucciderlo, Mamante fu trafitto al ventre con un tridente. Nonostante le gravi ferite, si rifugiò nella sua grotta, dove morì. Le reliquie di San Mamante si trovano in vari luoghi: una delle sue teste è custodita nella chiesa di Santa Maria Maddalena a Saragozza, l’altra nella cattedrale di Langres, insieme ad altre reliquie trafugate da Costantinopoli. A Saragozza, l’autenticità delle reliquie fu confermata il 23 aprile 1695. Altre parti del corpo del santo sono rimaste a Costantinopoli e a Vedelago esiste una cappella dove si conserva, secondo la tradizione, un pezzo di carne del santo, rimasto intatto. Il culto di san Mamante è però molto forte in Brianza. A Besana di Brianza, infatti, nella chiesetta di Zoccorino, si trova un dipinto che raffigura San Mamante nell’atto di offrire del latte a una madre con il suo bambino. In questa chiesa, secondo una tradizione locale, le donne che desiderano allattare lasciano pane e formaggio sull’altare. Successivamente, questi alimenti devono essere offerti al primo passante che incontrano, un gesto simbolico per ottenere la grazia dell’allattamento. Come segno di devozione, queste donne puliscono il sagrato della chiesa con una scopa, legano un nastro all’inferriata che protegge la fonte e raccolgono un po’ della sua acqua. Una parte viene bevuta, mentre l’altra è utilizzata per bagnarsi il seno, nella speranza di favorire l’allattamento. Secondo un’antica tradizione, inoltre, le puerpere devote si recavano alla chiesa di San Mamete per chiedere la grazia dell’allattamento, noto come il “pan di fioeu”, ovvero il latte materno. Per ottenere questa benedizione, la donna portava in dono pane e formaggio, un’offerta simbolica e appropriata per un santo pastore. Giunta alla chiesa, la puerpera deponeva l’offerta sull’altare e la lasciava per qualche momento, come segno di devozione. Successivamente, usciva dalla chiesa e offriva il pane e il formaggio alla prima persona che incontrava. Si credeva che, in cambio di questo gesto generoso fatto in suo nome, San Mamete avrebbe concesso alla madre la capacità di allattare senza difficoltà, confermando così il legame tra fede, generosità e benedizione divina. Il rito del “formaggio del santo” sopravvive ancora oggi in alcune località, come nella chiesa di Zoccorino in Brianza.
Le origini del culto
Il culto di San Mamante, o Mama, affonda le sue radici in antiche tradizioni religiose e miti pagani, rivelando un processo di sincretismo che trasformò una divinità orientale in un santo cristiano venerato in Europa. Originariamente, Mama era una divinità legata alla natura, simile a Cibele, protettrice dei boschi e delle fiere. Con l’espansione del Cristianesimo, questa figura fu assimilata e reinterpretata, diventando San Mamante, il cui culto, partendo dall’Anatolia, si diffuse nel Nord Italia e in Europa. Tracce del suo culto si trovano già nei testi cristiani, come nell’omelia di San Gregorio Nazianzeno. Il nome “Mama” è legato alla radice del termine “mamma” e alla leggenda che lo vede come allattante. L’origine pagana del culto si riflette anche nelle date delle feste dedicate al santo, come il 2 settembre e la prima domenica dopo Pasqua, che coincidono con periodi sacri alle antiche divinità arboree e ai cambiamenti stagionali. La sua venerazione era radicata nel legame con i cicli naturali e la fecondità della terra, caratteristiche che lo avvicinano alle divinità ctonie.
San Mamante incarna la perfetta fusione tra tradizioni pagane e cristiane, rappresentando il legame tra uomo, natura e fede. La sua figura, profondamente radicata nei culti rurali, continua a essere un simbolo di nutrimento, protezione e armonia con il creato, arricchendo il panorama devozionale con un’eredità spirituale unica.





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