di Andrea Romanazzi
Nel panorama delle storie poco conosciute ma intrise di fascino e intensità emotiva, spicca la figura di Chiarina Genchi, una donna che, pur non avendo goduto di nobili natali, ha intrecciato il proprio destino con quello di personalità di rilievo, lasciando un segno nella memoria popolare di Giovinazzo e Bitonto.
La sua vicenda, densa di sacrifici, affetti e sofferenze, si colloca in un contesto storico e sociale di grande fermento, dove la Puglia di metà Ottocento era attraversata da profonde trasformazioni. Chiarina nacque a Giovinazzo, cittadina costiera poco distante da Bari, in un’epoca in cui le opportunità per una donna di umili origini erano limitate. Figlia di un pescatore, crebbe in un ambiente semplice ma ricco di valori, imparando sin da giovane il mestiere della governante. Giovinazzo, con il suo porticciolo e il suo centro storico caratterizzato da vicoli stretti e palazzi in pietra bianca, fu il primo scenario della sua vita e il luogo in cui apprese l’arte della gestione domestica e della dedizione al lavoro. Nel contesto della società ottocentesca, la figura delle domestiche assumeva un ruolo centrale nelle case borghesi, e Chiarina, con la sua presenza discreta ma efficiente, divenne una delle più richieste. Il suo talento per l’ordine e la sua capacità di gestire la casa la portarono a essere assunta presso famiglie benestanti, guadagnandosi stima e rispetto.
La svolta nella vita di Chiarina avvenne quando entrò al servizio di Felice Garibaldi, fratello di Giuseppe Garibaldi, che in quegli anni si trovava a Bari per motivi d’affari. Commerciante, la sua attività si occupava della compravendita di diverse qualità di olii, un settore chiave per il mercato dell’epoca. Lavorava per la Avigdor, una compagnia di navigazione che prosperava grazie ai traffici con i porti pugliesi, dove imbarcava olio d’oliva destinato al commercio. Ispirati dal successo di Pierre Ravanas, un industriale di Aix-en-Provence che aveva fatto fortuna in Puglia introducendo innovazioni come il torchio idraulico, la raccolta delle drupe direttamente dall’albero invece che da terra e la lavorazione dell’olio entro ventiquattr’ore, gli Avigdor iniziarono a valutare l’idea di espandersi nel settore oleario. Per questo motivo, nel 1835, inviarono Felice Garibaldi in Puglia con l’incarico di stabilire contatti con le più importanti imprese locali, gettando così le basi per una possibile espansione nel mercato dell’olio. Fu anche un innovatore nel campo dell’olivicoltura. Già nel 1835 comprese l’importanza di distinguere e selezionare gli alberi per specie, raccogliendo i frutti separatamente e evitando di mescolare le diverse qualità durante la produzione dell’olio. Questo approccio, rivoluzionario per l’epoca, segnò un cambiamento storico nel settore, ponendo le basi per una produzione più raffinata e di qualità superiore, i cui benefici si riflettono ancora oggi.
Felice trovò in Chiarina non solo una collaboratrice insostituibile, ma anche una confidente e una compagna. A Bitonto, città nota per la sua ricca tradizione agricola e per la produzione di olio d’oliva, Chiarina visse alcuni degli anni più intensi della sua esistenza. Bitonto rappresentava per lei una nuova casa, un luogo in cui costruire un futuro e dove il suo nome sarebbe rimasto impresso nella memoria popolare. Alla morte di Felice, avvenuta nel 1855, Chiarina si trovò improvvisamente sola. L’uomo che aveva amato e accudito con dedizione per anni non le lasciò alcun riconoscimento ufficiale, e tutto il suo patrimonio passò ai fratelli Garibaldi. La donna, sconvolta dal dolore e privata di ogni sicurezza economica, fu costretta a tornare a Giovinazzo, dove la sua esistenza si fece sempre più incerta e precaria.
Ciò che accadde negli ultimi anni di vita di Chiarina rimane avvolto nel mistero. Alcune fonti riportano che tornò a Bitonto, cercando di ricostruire la sua vita con il poco che le era rimasto, mentre altre sostengono che vagò tra Giovinazzo e Bari senza mai trovare una vera stabilità. Non risultano documenti ufficiali sulla sua morte, e la sua figura si è progressivamente dissolta nella memoria storica del territorio.A Giovinazzo, ancora oggi, alcuni racconti popolari narrano di una donna dal destino triste e romantico, il cui spirito vaga in cerca del suo amato Felice. Leggende locali raccontano di un’ombra che si aggira nei vicoli del centro storico, vicino al porto, come se Chiarina non avesse mai lasciato davvero la sua città natale.




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