di Andrea Romanazzi

Nel panorama dei dolci natalizi del Sud Italia, alcuni sapori riescono più di altri a racchiudere memoria, gesti antichi e un’intera identità culturale. Le feste invernali, soprattutto in Puglia, non sarebbero le stesse senza quei dolci che profumano di casa, di olio nuovo, di fritto buono e di mosto cotto:, ovvero le Cartellate, note anche come “carteddate”, sono un autentico inno alla tradizione e alla dolcezza delle festività natalizie. La loro storia affonda le radici in un antico convento di monache, e il nome stesso sembra richiamare l’arte di “incartare” la pasta, modellandola fino a ottenere una forma avvolgente e inconfondibile. Addentriamoci dunque nelle curiosità legate a questo irresistibile dolce natalizio.

L’origine delle Cartellate si perde nei meandri del tempo, alcuni dicono nascosta tra le mura di un convento di monache che, con dedizione e maestria, diedero vita a uno dei dolci più amati della tradizione pugliese. L’incanto di questi dolcetti sta nella loro semplicità, ma anche nella complessità delle tecniche tramandate di generazione in generazione. Il dolce nasconde una serie di significati e simboli. Le strisce di pasta richiamerebbero il lenzuolo che copriva il Bambino Gesù, mentre gli spazi vuoti lungo ogni striscia rappresentano la culla di Gesù.  Mentre le Cartellate sono un simbolo unificante delle festività natalizie in tutta la Puglia, è interessante notare le piccole variazioni che si verificano a livello regionale. La forma a “rosetta” associata a Bari è particolarmente distintiva e riflette l’orgoglio delle tradizioni locali. Le donne anziane, custodi della sapienza culinaria, consigliano di lasciar riposare le rosette per un giorno intero prima di friggerle, una pratica che conferisce loro una consistenza speciale.

Un Processo Artigianale di Cuore e Mani Esperte

La preparazione artigianale delle Cartellate è un rituale che richiede tempo e dedizione. L’uso di farina di grano duro, olio e vino bianco crea la base, ma è il procedimento chiamato “trembà la masse” che dà vita alla consistenza perfetta. Questo coinvolge l’impasto vigoroso con entrambe le mani, utilizzando sia il palmo che il pugno, e aggiungendo acqua o farina al bisogno. Dopo un’attenta lavorazione, la massa è stesa sottilmente e tagliata in strisce con una “rotellina”. Queste strisce sono poi chiuse su se stesse a tratti, creando spazi che, con maestria, vengono modellati a forma di rosa. Dopo un periodo di asciugatura, le “rose” vengono immerse nell’olio bollente, conferendo loro una doratura croccante. Il passaggio successivo nel vino cotto di fichi o uva, bollente, completa il profilo di gusto unico delle Cartellate. Per coloro che vogliono cimentarsi nella preparazione casalinga, l’impasto di farina, acqua, vino bianco secco, olio e cannella è la base. Ridotto a una sfoglia quasi trasparente, viene modellato in strisce e arrotolato con cura per ottenere la forma circolare a “rosa”. La cottura nell’olio di oliva o nel forno dà alle Cartellate la consistenza desiderata, mentre il tocco finale di vino cotto, preferibilmente caldo, conferisce loro il gusto autentico.

Nel link la preparazione delle cartellate dall’Archivio ICCD Ministero della Cultura

Le Cartellate non sono solo un dolce natalizio, ma un ponte tra passato e presente, unendo le famiglie intorno a una tavola ricca di tradizione e amore.

Fichi Secchi “A la Forme”: Un Viaggio nel Tempo delle Tradizioni Culinarie

La storia antica dei fichi secchi “A la Forme” è un racconto affascinante che si snoda attraverso i secoli, intrecciando cultura, cucina e il calore delle tradizioni. Risalendo alle radici della cucina mediterranea, questa prelibatezza ha una storia ricca che abbraccia epoche lontane e civiltà antiche.

I fichi secchi, con la loro dolcezza concentrata e la ricchezza di sapori, hanno radici profonde nella cucina mediterranea, in particolare nelle regioni bagnate dal sole come il Mediterraneo e il Medio Oriente. L’essiccazione dei fichi al sole è stata una pratica antica, un modo per conservare il frutto e concentrarne i sapori per le stagioni a venire.

Gli “Ispanafighi”, anticamente noti come “spannafichi”, sono i tradizionali piani di appoggio su cui i fichi venivano posti per essiccare al sole. Queste strutture in legno o giunchi intrecciati erano il palcoscenico naturale su cui il frutto esposto al calore solare si trasformava lentamente in una delizia dolce e succulenta. Questo antico metodo di essiccazione diventava una celebrazione del connubio tra l’uomo e la natura, un rituale tramandato di generazione in generazione.

Una delle fasi cruciali nella storia di questo piatto è l’incisione dei fichi per far posto a una mandorla. Questo tocco di raffinatezza e complessità aromatica aggiungeva una nuova dimensione al sapore, trasformando il semplice fico in un’opera d’arte culinaria. L’antica pratica di farcire i fichi con mandorle rappresenta una connessione con la terra, unendo due doni della natura in un’unica delizia.

L’introduzione del forno a legna nella storia di questo piatto segna un’ulteriore evoluzione nella sua preparazione. La lenta cottura nel forno, un rituale che richiedeva pazienza e attenzione, dava ai fichi una consistenza caramellata e un profilo aromatico unico. Il forno a legna non solo rappresentava un elemento essenziale in cucina, ma simboleggiava anche la comunità, riunendo le famiglie intorno a una pratica condivisa.

Il momento culminante della storia di questo piatto avviene quando i fichi, appena sfornati e ancora caldi, vengono stratificati nei tegami di terracotta, noti come “forme”. Qui, l’immersione nei sapori del rosolio e del cioccolato trasforma i fichi in una prelibatezza decadente e avvolgente. La scelta della terracotta per le forme non è solo pratica, ma anche un omaggio alla tradizione e alla terra stessa.

La fase finale della storia dei fichi secchi “A la Forme” è la conservazione nel “capaserre”, un grande vaso di creta. Questo contenitore, oltre a preservare la freschezza e la bontà dei fichi, diventa un simbolo tangibile del passare del tempo e della continuità delle tradizioni.

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