di Andrea Romanazzi
Il culto di San Giuseppe ha radici profonde che affondano nella storia e nelle tradizioni popolari. Sebbene i sia sorto nel IV secolo presso i copti, la venerazione del Santo si diffuse in Occidente tra il IX e il X secolo, quando la sua memoria fu inserita nel calendario dei santi con il titolo di “Giuseppe, sposo di Maria”. Ancora oggi, il 19 marzo rappresenta un giorno speciale per molte comunità, soprattutto in Puglia, dove la festività di San Giuseppe coincide con l’arrivo della primavera, un evento che richiama antichi culti agrari della fertilità.
L’Altare di San Giuseppe e il Simbolismo del Pane
Volgendo lo sguardo al passato, il culto di San Giuseppe si intreccia con antiche tradizioni misteriche e agricole, particolarmente evidenti nelle civiltà cerealicole del Mediterraneo. Questi legami si manifestano nell’offerta votiva del pane e del grano fatto germogliare al buio, un elemento che richiama i “Giardini di Adone”, simboli di morte e rinascita. In passato, così, carri, decorati con fiori, immagini sacre e simboli religiosi, venivano trainati da animali o da mezzi agricoli, per trasportare i rami della pota, ossia i rami provenienti dalla potatura degli alberi, in particolare degli ulivi e delle viti. Questi rami, raccolti nei giorni precedenti alla festa, assumono un forte valore simbolico e pratico all’interno delle tradizioni popolari legate al Santo. La potatura degli alberi avviene tipicamente tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, periodo che coincide con la festa di San Giuseppe (19 marzo). Questo gesto agricolo non è solo un’operazione tecnica per garantire il rinnovamento della pianta, ma anche un’azione fortemente simbolica che richiama il ciclo della vita, della morte e della rinascita. In molte località, come nel Salento e in alcune zone della Murgia, i rami della pota vengono raccolti per alimentare i grandi falò, noti come “Focare” o “Fanove”, accesi nella notte del 18 marzo. Il fuoco, oltre a segnare la fine della stagione invernale e l’arrivo della primavera, simboleggia la luce della fede e il rinnovamento spirituale, in omaggio al Santo.
Il pane di san Giuseppe
Uno degli aspetti più suggestivi della festa di San Giuseppe è senza dubbio l’allestimento dell’altare, una tradizione che si tramanda di generazione in generazione, mantenendo vivo il legame con la fede e la cultura popolare. Le famiglie devote, per voto o consuetudine, preparavano e ancora a livello domestico viene fatto, un altare riccamente decorato, arricchito da rami di alloro, simbolo di gloria e saggezza. Sullo sfondo una coperta sopra cui si adagia un lenzuolo ricamato, creando così un luogo accogliente e solenne che ospitava al centro un’immagine sacra di San Giuseppe con il Bambino Gesù o della Sacra Famiglia. A completare l’altare vi sono le specialità gastronomiche della festa, un tripudio di sapori legati alla tradizione. Fritture di cardi, finocchi, broccoli, carciofi e asparagi arricchiscono la tavola, accompagnati da piatti rigorosamente privi di carne, nel rispetto del periodo quaresimale. Un banchetto semplice ma ricco di significati, che unisce devozione e convivialità in un rito che affonda le radici nel passato ma continua a vivere nel presente.
Cuore della celebrazione è il pane di San Giuseppe, un elemento carico di simbolismo e realizzato in forme che raccontano la vita e le virtù del Santo. La tradizione del pane votivo di San Giuseppe affonda le sue radici, come detto, in antichi culti agrari, risalenti alle civiltà cerealicole del Mediterraneo. La festa del Santo cade il 19 marzo, in prossimità dell’equinozio di primavera, periodo cruciale per i cicli agricoli. In passato, in molte comunità pugliesi, il mese di marzo rappresentava un momento di speranza per un buon raccolto e di ringraziamento per quello passato. San Giuseppe, figura umile e laboriosa, veniva invocato per proteggere i campi e garantire la fertilità della terra. La preparazione del pane assumeva dunque una valenza propiziatoria, con forme e decorazioni che rimandavano a simboli sacri e alla natura. Questo rituale richiama anche un’antica usanza diffusa in epoca precristiana, quando le offerte di pane erano rivolte alle divinità della terra per garantire abbondanza e protezione. Nel corso dei secoli, con la diffusione del cristianesimo, queste pratiche furono assimilate nella devozione popolare e reinterpretate secondo la simbologia cristiana. Il pane di San Giuseppe divenne così un’offerta di gratitudine per il santo, oltre che un modo per condividere il cibo con i più bisognosi, rafforzando il senso di solidarietà tipico delle comunità pugliesi. l passaggio evidenzia come le Tavole di San Giuseppe possano essere interpretate come un’antica tradizione che richiama simbolicamente riti di abbondanza, consumo vistoso e legami con il mondo dei morti. In questo contesto, il banchetto rituale non è solo un momento di devozione religiosa, ma anche una celebrazione che richiama pratiche ancestrali di offerta e condivisione, in cui la presenza simbolica dei defunti si manifesta attraverso il cibo e il rito collettivo. Nella tradizione delle Tavole di San Giuseppe, il cibo e il pane, inoltre, vengono condivisi in abbondanza non solo per esprimere generosità e devozione, ma anche per mantenere vivo il legame con chi non c’è più. Ritorna il tema della morte e rinascita che avevamo già incontrato nella prima parte dell’approfondimento.
Sebbene la festa sia oggi un evento comunitario dedicato ai vivi, essa può essere vista come un rituale che richiama il passato e onora la memoria degli antenati, che simbolicamente siedono alla tavola con i commensali. In questo senso, il banchetto di San Giuseppe può essere visto come un rito di passaggio collettivo, in cui la comunità si riunisce per riaffermare il proprio legame con le radici, con la terra e con le generazioni che l’hanno preceduta. Il cibo, offerto e consumato in abbondanza, non è solo un gesto di ospitalità, ma un vero e proprio atto simbolico che lega il mondo dei vivi a quello dei morti, in un ciclo ininterrotto di memoria e rinnovamento. Inoltre, l’abbondanza delle pietanze, tra cui il purè di fave, i lampascioni e il pane votivo modellato in forme sacre, richiama le dinamiche del consumo vistoso, ovvero l’esibizione della ricchezza e della prosperità. Sebbene le famiglie che preparano la tavola non siano necessariamente benestanti, l’atto stesso di imbandire un banchetto così ricco e aperto alla comunità assume un valore di ostentazione della generosità e dello status sociale.
Il Ruccolo Gravinese: Tradizione e Gusto della Focaccia di San Giuseppe
Tra le tradizioni gastronomiche più affascinanti delle festività di san Giuseppe Puglia spicca la focaccia di San Giuseppe, conosciuta anche con il nome dialettale rùcch’l de San Gesepp o ruccolo gravinese. Questo piatto unico, preparato esclusivamente nei giorni dedicati a San Giuseppe, è un vero simbolo della cultura e delle radici culinarie locali. Il suo sapore inconfondibile, dato dalla combinazione di cipolle sponsali, uvetta e alici sotto sale o sott’olio, racchiuso in un impasto di focaccia ricco di olio extravergine d’oliva, lo rende una vera e propria prelibatezza. Ma il ruccolo di San Giuseppe non è solo un piatto, è un rituale, un momento di condivisione familiare e un simbolo della devozione popolare, tramandato da generazioni. Ogni anno, nel mese di marzo, il profumo intenso delle cipolle stufate si diffonde per le strade di Gravina, avvolgendo la città in un’atmosfera che sa di tradizione e festa. La sua preparazione rispecchia l’essenza della cucina povera pugliese, che con pochi ingredienti semplici e genuini riesce a creare piatti straordinari. L’uso della cipolla sponsale, coltivata da secoli nelle terre della Murgia, dell’uvetta e delle alici, testimonia l’influenza della cucina mediterranea, dove il contrasto tra il dolce e il salato esalta i sapori in modo unico. Questo tipo di focaccia veniva preparato in occasione della festa del 19 marzo come piatto rituale e conviviale, da consumare in famiglia o condividere con vicini e amici.
Il pane di San Giuseppe, con la sua ricchezza simbolica e la sua valenza propiziatoria, rappresenta un ponte tra passato e presente, unendo riti antichi e devozione cristiana. L’altare, il banchetto e la distribuzione del pane raccontano una storia di fede, speranza e comunità, elementi che rendono la festa di San Giuseppe non solo un momento di celebrazione religiosa, ma anche un’importante occasione di condivisione e memoria collettiva. Se un tempo l’altare di San Giuseppe era un evento diffuso in molte famiglie, oggi la pratica si sta riducendo, sopravvivendo principalmente nelle comunità più legate alle radici popolari. Tuttavia, in alcune zone della Puglia, Sicilia e Calabria, la tradizione rimane ancora viva, testimoniando un legame profondo tra fede, cultura e tradizione.





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