di Andrea Romanazzi

Nel cuore silenzioso della campagna a sud di Mola di Bari, là dove il tempo sembra scorrere più lento e la natura custodisce ancora i suoi ritmi antichi, si erge la chiesetta di San Giovanni Battista. Adagiata lungo una lama, tra muretti a secco e ulivi secolari, questa costruzione seicentesca si rivela, già a un primo sguardo, come luogo carico di spiritualità e memoria. Ciò che più affascina di questo sito non è solo la sua armonia architettonica o la sua bellezza agreste. Al di sotto della chiesa si cela un luogo ancora più antico: la cripta rupestre di San Giovanni de Fora, scavata nella pietra intorno all’anno Mille, testimone di un culto che affonda le sue radici nella devozione popolare, ma forse anche in simbolismi più profondi e arcaici. Proprio qui, incisa su una pietra dell’antica cripta, compare un simbolo enigmatico che attraversa i secoli: la triplice cinta. Tre quadrati concentrici, collegati da linee rette, apparentemente semplici ma carichi di significati che sfuggono a un’unica interpretazione.

Che cosa rappresentava, per gli antichi, questo disegno?

Origini antiche: la cripta rupestre

LNel corso dei secoli, la chiesa di San Giovanni Battista ha rappresentato molto più di un semplice edificio religioso: è stata punto di riferimento per la comunità rurale, luogo di incontro e di protezione, centro di devozione popolare legato ai ritmi del tempo agricolo e ai cicli stagionali. Intitolata al Precursore, figura ambivalente sospesa tra l’Antico e il Nuovo Testamento, tra deserto e rivelazione, la chiesa assume un valore simbolico ancora più profondo. San Giovanni è il santo delle soglie, il battezzatore che introduce al mistero, e non è un caso che proprio lui presieda a un luogo sacro costruito su un antico spazio ipogeo: è custode di passaggi, visibili e invisibili. La cripta, completamente scavata nel banco roccioso, rappresenta una delle testimonianze più antiche del culto cristiano nel territorio molese. La sua pianta rettangolare si estende per circa dieci metri nello strato calcareo sottostante, e l’accesso avviene tramite due ingressi ancora oggi visibili. Le sue pareti, un tempo interamente affrescate, conservano solo labili tracce dell’antico apparato decorativo: le absidi risultano appena leggibili, e le decorazioni sono ormai consumate dal tempo e dagli agenti atmosferici. Uno degli affreschi più significativi, seppur fortemente danneggiato, è una Deesis duecentesca, una composizione tipica dell’arte bizantina che rappresenta Cristo tra la Vergine e San Giovanni Battista. Di questa sacra rappresentazione rimane visibile solo il volto della Vergine, una traccia delicata ma intensa che testimonia la spiritualità che ha permeato questo luogo per secoli.

Purtroppo, lo stato di conservazione dell’ipogeo è attualmente critico. Gli interventi di riassetto e manutenzione della vicina strada hanno causato la deviazione delle acque meteoriche all’interno della struttura, provocando un ristagno costante. L’acqua, unita alla presenza di uno spesso deposito di fanghi argillosi, ha ormai sostituito l’originario piano pavimentale della cripta. Il livello raggiunto dalle acque è chiaramente visibile lungo le pareti, dove lascia segni e incrostazioni che stanno minando in modo irreversibile la sopravvivenza dei pochi resti pittorici ancora presenti. Questo lento degrado compromette anche la stabilità strutturale del sito, rendendo urgente un intervento di recupero e tutela, sia per la salvaguardia del bene culturale, sia per la valorizzazione della memoria storica e religiosa del territorio.

Il culto e la chiesa seicentesca

Nel Seicento, sulla cripta ormai in parte dimenticata, venne costruita la chiesa di San Giovanni Battista. L’edificio, pur nella sua semplicità, rappresenta un’importante testimonianza del culto continuato nel tempo in questo luogo. La scelta di costruire la chiesa proprio su un ipogeo antico non è casuale: è un atto di continuità spirituale, una volontà di mantenere vivo un centro di devozione legato alla figura di San Giovanni, simbolo di purificazione e rinascita. La scelta del santo non è casuale, infatti  Giovanni Battista è una figura liminale e simbolica: precursore di Cristo, profeta del deserto, battezzatore nel Giordano. Per i pellegrini, il suo culto rappresentava una sorta di passaggio rituale, di purificazione e iniziazione prima di accedere alla Città Santa. Questo lo rendeva il patrono ideale per coloro che intraprendevano un viaggio spirituale e faticoso verso i luoghi santi. Non è un caso che giài cavalieri Ospitalieri, noti anche come “Giovanniti”, dedicavano la loro opera a San Giovanni Battista, gestendo ospedali l’assistenza ai pellegrini malati e bisognosi. La loro missione univa carità, accoglienza e difesa militare, incarnando l’ideale del cavaliere cristiano.

Un enigma inciso nella pietra: la triplice cinta

Tra le tracce più misteriose rinvenute nel sito vi è la cosiddetta “triplice cinta” incisa su una parete della cripta. Questo simbolo, formato da tre quadrati concentrici uniti da linee ortogonali, è oggetto di numerose interpretazioni e studi. Spesso associato a giochi medievali come quello del filetto, in ambito esoterico e simbolico viene interpretato come un diagramma di protezione, un simbolo di perfezione o un percorso iniziatico. La sua presenza nella cripta di San Giovanni de Fora solleva interrogativi affascinanti: si tratta di un segno ludico lasciato dai pellegrini? Oppure è la testimonianza di una tradizione simbolica più antica, legata a culti misterici o ad antiche conoscenze sapienziali? 

Infatti il simbolo della triplice cinta è stato ritrovato in centinaia di siti in tutta Europa e in molte parti del mondo. Le interpretazioni sono numerose e variegate, oscillando tra il profano e il sacro, il ludico e l’esoterico. Una delle ipotesi più comuni è quella che la associa a un semplice gioco medievale, noto come filetto o tris, praticato da pastori, pellegrini e contadini. In questo contesto, l’incisione della figura sarebbe stata un passatempo inciso su pietra nei momenti di attesa o sosta. Questo uso ludico trova particolare riscontro proprio nei luoghi di transito o sosta, come le vie di pellegrinaggio. Tuttavia, altre interpretazioni più simboliche vedono nella triplice cinta una rappresentazione del mondo e dei suoi tre livelli: il mondo materiale, quello intermedio e quello spirituale. I tre quadrati concentrici rappresenterebbero rispettivamente il corpo, l’anima e lo spirito, o ancora, i tre regni cosmici: inferiore, terrestre e celeste. Le linee che collegano i centri dei lati possono simboleggiare il cammino dell’iniziato attraverso queste fasi o livelli. Un’altra lettura suggerisce che la triplice cinta fosse utilizzata nei percorsi iniziatici dei costruttori medievali, i cosiddetti “magistri comacini” o muratori. In questo contesto, la figura sarebbe un sigillo di protezione simbolica, o un diagramma da meditazione geometrica. Secondo la nostra visione, nel caso della cripta di San Giovanni de Fora l’ipotesi più plausibile resta quella del gioco inciso dai pellegrini medievali, un gesto semplice e umano che ci racconta della quotidianità dei viaggiatori del passato e restituisce un’immagine viva e concreta della vita che animava questi luoghi sacri.

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