di Andrea Romanazzi
Continuano gli approfondimenti sui misteri, le curiosità, le leggende del periodo natalizio. Parliamo di “Antifone”. Nel vasto repertorio di modi di dire che usiamo ogni giorno, alcuni nascono da radici molto più profonde di quanto immaginiamo. Perfino espressioni che sembrano semplici o colloquiali conservano un’eco di antichi riti, di canti sacri e di tradizioni legate proprio al periodo natalizio. È il caso, appunto, dell’“antifona”, un termine apparentemente innocuo che, in realtà, affonda nel cuore delle celebrazioni dell’Avvento.
Un’antifona è un termine che deriva dal greco antíphōna, che significa “risposta”. Nel contesto liturgico e musicale, un’antifona è una forma di risposta o canto responsoriale. Si tratta di un elemento presente principalmente nella liturgia cristiana, utilizzato specialmente nei servizi liturgici della Chiesa cattolica, della Chiesa ortodossa e di alcune tradizioni liturgiche protestanti.
L’antifona è solitamente costituita da versi o frasi brevi che vengono cantati o recitati alternativamente da due cori o da un solista e un coro. Può essere utilizzata in vari momenti della liturgia, come ad esempio durante l’ingresso della processione, prima e dopo i salmi, o come parte di preghiere specifiche.
Nella tradizione liturgica cattolica, le antifone sono spesso collegate al Salterio, il libro dei Salmi, e sono utilizzate per enfatizzare e commentare i temi liturgici della giornata o della festività in corso. Le antifone possono variare a seconda del periodo liturgico, della solennità o della celebrazione specifica.
Le “Antifone-O” sono particolari antifone utilizzate nella liturgia cattolica durante la celebrazione dell’Avvento, il periodo di preparazione spirituale prima del Natale. Queste antifone sono chiamate anche “Antifone Maiorane” o “Antifone dell’O”.
Le Antifone-O prendono il loro nome dall’uso della parola “O” che inizia ogni antifona. Ogni antifona è legata a una caratteristica del Messia e riflette un aspetto della Sua venuta. Queste antifone sono tradizionalmente recitate o cantate nei giorni dal 17 al 23 dicembre, una per giorno, durante le Vespri (le preghiere serali) prima della Messa.
Le sette Antifone-O sono:
- O Sapientia (O Saggezza): 17 dicembre
- O Adonai (O Signore): 18 dicembre
- O Radix Jesse (O Germoglio di Jesse): 19 dicembre
- O Clavis David (O Chiave di Davide): 20 dicembre
- O Oriens (O Astro splendente): 21 dicembre
- O Rex Gentium (O Re delle nazioni): 22 dicembre
- O Emmanuel (O Dio con noi): 23 dicembre
Ciascuna di queste antifone contiene una supplica per la venuta del Messia e richiama le profezie dell’Antico Testamento relative al Salvatore atteso. Le Antifone O sono un modo tradizionale per meditare sul significato dell’Avvento e per prepararsi spiritualmente alla celebrazione del Natale.
O Sapientia (“O Sapienza”) rappresenta la prima delle Antifone maggiori dell’Avvento, conosciute anche come Grandi Antifone o Antifone O. Questo brano liturgico è inserito nella celebrazione del Rito Romano il 17 dicembre, che segna l’inizio della seconda fase dell’Avvento. Durante questa giornata, l’antifona è utilizzata nei Vespri come introduzione al Magnificat e come versetto alleluiatico del Vangelo nella Messa.
Contrariamente alle sei antifone successive, O Sapientia si distingue per l’attribuzione di un aspetto di Gesù non direttamente connesso alle profezie sul Salvatore. Nel suo primo emiversetto, emerge un’invocazione a Gesù mediante un termine cristologico, Sapienza, che richiama esplicitamente due passi dell’Antico Testamento. Questa designazione riflette su Gesù come colui che ha realizzato integralmente le Scritture, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Egli è il Verbo, la manifestazione della Sapienza divina, generato prima di ogni cosa e attraverso il quale tutto è stato creato.
O Adonai, chiamato anche “O Signore”, rappresenta la seconda delle Grandi Antifone dell’Avvento, conosciute anche come Antifone O. Questa antifona è utilizzata nella liturgia del Rito Romano il 18 dicembre, secondo giorno della seconda parte dell’Avvento. Durante i Vespri, viene recitata come antifona al Magnificat, mentre nella Messa funge da versetto alleluiatico del Vangelo. Nel suo primo emiversetto, si invoca Gesù con il termine solenne e non comune di “Adonai”, sottolineando la sua divinità. Questo nome, che il popolo d’Israele usava al posto del tetragramma sacro YHWH, evidenzia la sacralità di Cristo. Proseguendo il percorso avviato con l’antifona precedente, “O Sapientia” del 17 dicembre, dove Cristo-Sapienza è collegato alla Creazione, Cristo-Adonai viene ora associato all’elezione del popolo ebraico attraverso la figura di Mosè, il primo condottiero di Israele. Si fa esplicito riferimento al racconto del roveto ardente (Esodo 3,2; 6,2-3) e alla consegna della prima Alleanza mediante le tavole della legge sul Sinai (Esodo 19,20; 20,21). La supplica si manifesta attraverso la preghiera, chiedendo al Signore di liberare l’umanità dal peccato, in modo analogo a come liberò Israele dalla schiavitù dell’Egitto. Questo richiamo neotestamentario, implicito, allude al Vangelo di Matteo, dove Cristo è presentato come il nuovo Mosè (confronta Matteo 2,14-15). L’immagine del “braccio teso” potrebbe evocare la rappresentazione di Gesù sulla croce.
“O Radice di Jesse” costituisce la terza delle Antifone maggiori dell’Avvento, conosciute anche come Grandi Antifone o Antifone O. Questa antifona è recitata durante la liturgia del Rito Romano il 19 dicembre, terzo giorno della seconda fase dell’Avvento, e rappresenta un’invocazione per l’arrivo di Gesù. Dopo aver attribuito a Cristo il ruolo di Sapienza all’origine della Creazione il 17 dicembre e di Mosè al momento dell’elezione del popolo ebraico il 18 dicembre, la terza Antifona O si concentra sull’inizio della stirpe davidica. Jesse è il padre del re Davide (1Sam 17,57), ma la sua importanza risiede nel fatto che serve da tramite per introdurre la profezia di Isaia. La frase “radice di Jesse” enfatizza non solo la discendenza davidica del Messia, ma indica soprattutto che il Messia è presente nella radice della stirpe di Davide fin dall’inizio dei tempi. Questo concetto sottolinea la profezia cristologica di Isaia, interpretata dalla tradizione cristiana come di eccezionale importanza.
Il Clavis David, conosciuto anche come “La Chiave di Davide”, rappresenta la quarta delle Grandi Antifone dell’Avvento nel Rito Romano, celebrata il 20 dicembre. Come le altre antifone, invoca la venuta di Gesù utilizzando il termine cristologico “Chiave”. Il primo emiversetto richiama l’immagine di Davide, il grande re successore di Saul, elevato da Dio a essere unto come re. Davide, figura proposta qui come anticipazione di Cristo, consolidò il regno d’Israele, trasferì l’arca dell’alleanza a Gerusalemme e, nonostante le sue debolezze, fu idealizzato come modello per i re futuri e prefigurazione del Messia atteso.
L’idealizzazione di Davide come re divenne un simbolo, testimoniato anche dalle profezie di Geremia, che indicavano un nuovo Davide atteso. Questa attesa era evidente ai tempi di Gesù, come indicato dalle citazioni nei Vangeli. Il riferimento alla casa di Davide si collega anche al passo di Isaia 22:22, che viene ripreso nell’antifona e appare anche in Apocalisse 3:7.
L’immagine della chiave, simbolo di potere, si basa sulla pratica di consegnare le chiavi all’amministratore di una casa come segno della responsabilità affidatagli dal padrone. Questo potere delle chiavi, associato al peso della responsabilità, rappresenta un potere definitivo di aprire o chiudere. Questo potere è attribuito al Cristo come nuovo Davide, il servo scelto e unto destinato a essere il Messia salvatore del popolo e il Re guida.
O Oriens, la quinta delle Grandi Antifone dell’Avvento nel Rito Romano celebrata il 21 dicembre, è un’invocazione della venuta di Gesù. A differenza delle antifone precedenti, che guidavano il fedele alla conoscenza di Cristo attraverso figure dell’Antico Testamento, questa antifona e le successive si allontanano dalla prospettiva profetica e invocano direttamente il Cristo con nomi simbolici.
Il primo emiversetto invita a chiamare Cristo con il nome di “Oriente”, citando Zaccaria 6:12 nella Volgata, con l’espressione “Oriens nomen eius” (“il suo nome è Oriente”). Questo nome è ampliato con le frasi “splendore della luce eterna” e “sole di giustizia”, indicando Cristo come la luce che inaugura un nuovo giorno sotto la guida divina e i raggi della salvezza. L’invocazione a Cristo come “Oriente” richiama anche la profezia escatologica di Matteo 24:27, dove si prevede che Cristo verrà dall’Oriente nella sua seconda venuta.
Nel secondo emiversetto, la supplica “Veni” (“Vieni!”) è presente, come nelle altre Antifone O. Le parole successive esprimono la richiesta che la venuta di Cristo illumini coloro che sono immersi nell’oscurità e nell’ombra della morte. Si prega affinché coloro che hanno ottenuto la libertà e la redenzione attraverso Cristo siano anche illuminati dalla sua luce, simboleggiante la vita e la partecipazione alla Vita di Colui che era presso Dio fin dall’inizio (Giovanni 1:1-4).
“O Rex Gentium” rappresenta la sesta delle Antifone maggiori dell’Avvento, conosciute anche come Grandi Antifone o Antifone O. Questa antifona è utilizzata nella liturgia del Rito Romano il 22 dicembre e costituisce un’invocazione per l’avvento di Gesù. Nel suo primo emiversetto, Cristo viene designato come re e pietra angolare. Il titolo di re richiama la tradizione veterotestamentaria e la storia della monarchia davidica, mentre nel Nuovo Testamento, la risposta di Gesù a Pilato, “Tu dici che sono re” (Gv 18,37), collega il ruolo regale di Cristo alla testimonianza della verità (Gv 12,38). L’aggiunta “delle genti” si riferisce a Ag 2,7, indicando che Cristo è il desiderato da tutte le genti e sottolinea la sua regalità universale.
La seconda immagine, la “pietra angolare”, attinge al testo profetico di Isaia 28,16, con richiami nel Nuovo Testamento (Mt 21,42; Mc 12,10; Lc 20,17; At 4,11; Rm 9,32.33; Ef 2,20; 1Pt 2,4.6.7.8). Qui, Cristo è considerato la pietra angolare che unisce i popoli, con un richiamo specifico a Ef 2,14. Nel secondo emiversetto, la preghiera si rivolge alla salvezza dell’uomo creato dalla polvere, alludendo alla creazione di Adamo dalla terra (Gen 2,7).
Le Antifone-O rappresentano uno dei vertici teologici e poetici dell’Avvento cristiano. Collocate nella settimana che precede immediatamente il Natale, esse offrono un itinerario progressivo che unisce Scrittura, cristologia e liturgia. Attraverso titoli che affondano nella tradizione profetica e sapienziale dell’Antico Testamento, la Chiesa presenta Cristo come Sapienza preesistente, Signore dell’Alleanza, radice davidica, chiave della storia, luce nascente, Re universale ed Emmanuel. Nel loro complesso, le Antifone-O costituiscono dunque un ponte tra memoria e attesa, tra promessa e compimento. Nella recitazione quotidiana che precede la solennità del Natale, esse ricordano che la liturgia non celebra un evento del passato, ma rinnova l’incontro con Colui che, venuto nella carne, continua a venire nella storia, nella Parola e nei sacramenti. In questo senso, il loro valore rimane invariato: sono un invito a vigilare, a riconoscere la luce che sorge e a comprendere, nella dinamica dell’Avvento, l’unità profonda tra l’antica speranza e la rivelazione cristiana.




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