di Andrea Romanazzi
Il Contesto magico bergamasco
Il seguente studio vuole essere un viaggio in terra bergamasca alla ricerca di testimonianze, alcune inedite, della tradizione magico-esorcistica italiana. La Lombardia fu una regione fortemente interessata dal fenomeno della stregoneria e dunque dalle attività dell’Inquisizione. Operavano sul territorio importanti esponenti dell’Ordine come fra’ Ubertino da Vercelli e il domenicano fra’ Cristoforo da Luino che fece inquisire moltissime donne, accusate di “indovinationis et alterius malefitii” e “cuiusdam suspectationis conversationis bone societatis seu diaboli”.
Attorno all’inizio del Cinquecento l’attenzione degli inquisitori lombardi si concentrò sulla Valcamonica dove le diocesi di Brescia e Bergamo la facevano da padrone. A quel tempo le due città erano sotto il controllo di Venezia che vigilava sui processi. Secondo le tesi inquisitoriali le streghe avevano scelto quella valle come loro dimora perché da lì potevano raggiungere uno dei più noti luoghi del sabba in Italia, il Tonale. “…Queste bestie eretiche hanno electo uno monte, el qual se chiama monte Tonale, nel qual se reduseno ad foter e balare, qui afirmano che non trovano al mondo nihil delectabilius et che onzendo un bastone, montano a cavalo et efìcitur equus, sopra il quale vanno a ditto monte et ibi inveniunt el diavolo, quale adorano per suo Dio et signore, et lui ge dà una certa polvere, con la quale dicte femene et homeni fanno morir fantolini, tempestar, et secar arbori et biave in campagna, et altri mali…”. Nella sola Brescia tra la metà del Cinquecento e gli inizi del Seicento furono arsi vivi “60 femine e forsi 20 homini tutti vivi”. Focalizzandoci esclusivamente sulla città di Bergamo, la strega qui più nota alle cronache fu Benvenuta detta “Pincinella”, una donna di circa sessant’anni nota alla comunità come maliarda, accusata di professare le arti magiche e di partecipare al famoso Sabba sul Tonale, dove veniva trasportata grazie all’uso del magico unguento, “col qual subito onzevo il bastone el diventa una capra o un cavallo, o qualche altra sorte di animali, et se leva in aire con tanta prestezza che per el vento che me da in el petto qualche volta non posso piliar fià”. La sua storia è conservata tra le mura della Biblioteca Civica di Bormio, in Palazzo de Simoni, dove troviamo, tra le carte impolverate, gli atti del Quaternum inquistitorum. La storiografia bergamasca ci narra poi di una certa Caterina de Pilli, soprannominata anche come Ruggiera da Monza, condannata per stregoneria al rogo nel gennaio del 1471. Attraverso lo studio di documenti dell’epoca, abbiamo poi portato nel 2019 testimonianza di una vicenda, fin ad allora inedita, descritta in un antico manoscritto secentesco ritrovato all’interno di un saggio di esorcismi. Il tema è il “male d’occhi”, ovvero la fattura, il potere di una strega di rendere infetto il sangue affascinandolo. Riportiamo la curiosa vicenda. Una donna con una figliola di 9 anni che dal suo palazzo, in Bergamo, “presi certi unguenti che tenea sotto il letto zozzo e alcuni quadrelli,se ne unse tutto il corpo. Preso un bastone se lo mise sotto come cavalcando…uscì dalla finestra di detta camera che più non la si vide. La figliola ungersi anch’essa e spogliatasi fece lo stesso che avea visto fare alla madre…e in un brevissimo tempo furono in Venetia…in casa di certi parenti, tutta ignuda, e trovò ivi la madre che procedea a stregare un figlio di quelli nel letto…che spaventato gridò l’Ave Maria. Immediata sparve sua madre e ella si trovò da sola etutta ignuda…e senza unguanto che l’aveva trasportata. Tutto confessò la povera figlia …e l’Inquisizione di Bergamo fece subito pigliare quella donna”. Una rara testimonianza poco nota (Fig.1).

E’ il primo di tre documenti inediti che ci mostrano racconti e testimonianze del mondo magico bergamasco e lombardo.
Dagli Inquisitori agli Esorcisti
Insieme agli inquisitori operavano sul territorio italiano numerosi preti dediti agli esorcismi, ovvero a quell’insieme di pratiche e riti considerati efficaci, in ambito religioso, per scacciare una presunta presenza demoniaca o malefica da una persona, un animale o da un luogo (Fig.2).

Secondo la tradizione romana, l’esorcista utilizza preghiere, formule prestabilite, gesti, simboli e anche icone, reliquie, oggetti benedetti per allontanare il diavolo. Ebbene, è proprio nel Seicento e nel territorio bergamasco che vengono definiti i primi manuali esorcistici che, tra l’altro, servivano anche per discernere tra i casi femminili di santità o possessione. Il tema dell’esorcismo è antichissimo. Innumerevoli sono le tradizioni magico-religiose dell’antichità in cui sono presenti cerimonie nel corso delle quali gli adepti incarnano entità sovrannaturali. È in questo momento che avviene la discesa di un demone-genio nel corpo del posseduto che diviene giumenta del dio che lo incarna. È l’esser-agito-da, l’unione con l’entità che può concludersi con il suo allontanamento (esorcismo) o con la sua complicità (adorcismo). Se infatti la possessione è una situazione in cui il demone ha il completo controllo della persona che ne è ossessa e lo fa a scopi malvagi, nell’adorcismo il rapporto con l’entità ha finalità positive. Quando parliamo di Demone ovviamente, ci riferiamo al Daimon della tradizione greca, un essere intermedio tra uomo e divinità. Solo successivamente, con la religione Cristiana, esso diviene sinonimo di diavolo. Torniamo alla stregoneria. Nel Seicento inizia a diffondersi l’idea che, proprio come il demone poteva entrare nei corpi, allo stesso modo l’anima umana poteva staccarsi dallo stesso per intraprendere “viaggi” come quelli verso il sabba. Questi due gli argomenti più dibattuti nei manuali di esorcismo tra 500 e ’600. Il più noto è sicuramente il manuale di esorcismi di Girolamo Menghi, membro dell’ordine dei minori osservanti, che tentò di riformare e disciplinare la pratica esorcistica. Egli scrive Fuga daemonum e Compendio dell’arte essorcistica et possibilità delle mirabili et stupende operationi delli demoni et de’ malefici (Fig.3).

Nel Compendio si parla diffusamente sia di teoria demonologica che di arte esorcistica e caccia alle streghe. Ben presto il testo divenne riferimento per tutti quegli esorcisti accusati di pratiche illecite di fronte ai tribunali ecclesiastici che si difendevano appoggiandosi agli scritti citati. Insieme ai manuali di esorcismo, per supportare le attività di inquisitori ed esorcisti, iniziano a diffondersi anche quelli che oggi possiamo chiamare benedizionari, cioè libri dedicati a proporre tutta una serie di benedizioni atte ad allontanare il male da una serie di situazioni. Un esempio può essere il saggio di Giustabuoni Pietro Esorcismi per gli ossessi ed assieme quelli contro le tempeste, con altre varie preci, e benedizioni, cavate da’ messali, breviarj, e rituali romani, ambrosiani, e simili… o il noto Collectio sive apparatus absolutionum, benedictionum, conjurationum, exorcismorum, rituum, et caeremoniarum ecclesiasticarum, ac administrationis sacramentorum continens etiam modum introducenti mulieres in ecclesiam post puerperium, vistandi […] opus parochus, et curam animarum gerentibus perutile, et necessarium coordinatum di Bernardo Sannig, una raccolta di formule, riti e benedizioni conto malanni di vario genere, etc…. Rientrano negli scongiuri tutte quelle formule esorcistiche che cominciano con l’invocazione di qualche santo e sono adoperate nel corso delle pratiche ad accertare l’esistenza del malefizio o a fugarlo. Nei Benedizionari ve ne sono per ogni genere di mali veri o presunti, contro l’emicrania, la risipola, il dolore di ventre, le malattie degli occhi, ecc. Nel 1625 Papa Paolo V, per disciplinare il tutto, mandò alle stampe il Rituale Romanum, quello che ancora oggi è il repertorio ufficiale di benedizioni, maledizioni, preghiere e scongiuri. Lo scopo era di colmare la pars destruens, che insegnava a diagnosticare e curare le possedute e distinguere tra spiriti angelici e malefici. In realtà l’utilizzo di scongiuri all’interno della pratica Cristiana era fortemente controverso. Se infatti, vedremo che esponenti come Candido Brugnoli fossero fortemente favorevoli al loro utilizzo, di parere opposto erano frati come, ad esempio, san Bernardino da Siena che, parlando degli scongiuri, li definisce “fatuas et insanas incantationes”; o ancora, dicendo come i gentili “credunt se invocare nomen Domini et invocant nomen diaboli … facturis et aliis incantationibus … carnalem copulam impediri”.
Esorcismo e il Potere del Nomen
Come detto l’esorcismo è un tipo di scongiuro mediante il quale una persona investita di un ruolo sacrale scaccia una potenza avversa. Questi scongiuri non devono essere confusi con la Preghiera. Se quest’ultima ha lo scopo di chiedere la grazia al santo/dio di turno, lo scongiuro ha il potere di “costringere” il personaggio citato a intervenire. Mentre, infatti, la prima parte è un’invocazione, la seconda è una vera e propria “ingiunzione”, che spesso raggiunge il grado di imprecazione, minaccia e maledizione rivolta anche ai santi/divinità. Dunque se la preghiera è un muovere a pietas il divino, qualunque esso sia, lo scongiuro ha in sé il potere della forza magico-evocativa, è la bassa orazione che contiene quella scintilla divina che, dunque, non può sottrarsi all’opra richiesta. Caratteristica presente sia nell’esorcismo che nella sua accezione più ampia di scongiuro è la conoscenza del nomen. L’uomo antico scopre che le sue richieste non sempre vengono ascoltate: in alcuni casi esse vengono esaudite, in altri no. Ne consegue che non tutte le parole sono gradite alla divinità e che non tutte le divinità sono adatte alla risoluzione dei problemi. In particolare l’obbedienza è legata alla conoscenza del nome dell’entità. “La rivelazione è il verbo. Il verbo, in effetti, o la parola, è il velo dell’essere e segno caratteristico della vita. Ogni forma è velo di un Verbo, giacché l’idea, madre del Verbo, è l’unica ragione d’essere della forma … il visibile è manifestazione dell’invisibile, il Verbo perfetto sta alle cose apprezzabili e visibili esattamente come alle cose inapprezzabili per i nostri sensi e invisibili ai nostri occhi”. Nella tradizione antica il vero potere è serbato nel nome. Nell’antico Egitto, ad esempio, ogni persona riceveva due nomi: uno definito “minore”, usato nelle relazioni pubbliche, e un secondo, il “maggiore”, da custodire gelosamente perché rappresentante l’intima essenza della persona. Questa tradizione, in realtà, è presente in tutto il globo terrestre. La ritroviamo per esempio tra gli aborigeni australiani, i quali sono soliti tenere in gran segreto il loro vero nome poiché temono che possa essere sfruttato per lanciar loro sortilegi. La consuetudine di tener nascosto il primo nome si estendeva, nell’antichità, anche agli dèi. Essi erano infatti conosciuti con moltissimi appellativi proprio per distogliere l’attenzione dal nome vero, il quale avrebbe dato, a colui che ne fosse venuto a conoscenza, gli stessi poteri del dio. Ritroviamo la stessa importanza del nome di Dio nella Bibbia, ove il primo comandamento afferma perentoriamente: “Non pronunciare il nome di Dio invano”. Nasce così un nuovo assioma della magia della parola che deriva proprio dal concetto insito nel termine nomen: la “segretezza”. È un’idea che rimarrà immutata per millenni e alla base oggi cantilene magiche, invocazioni, scongiuri. Filiazione diretta degli antichi carmi, gli scongiuri a scopo esorcistico e benedizionale si diffondono sempre più, trasmessi oralmente di generazione in generazione o, più spesso, riportate su fogli sparsi: quaderni, manoscritti, ricettari di cucina talvolta incompleti, storpiati e modificati per aggiunte personali (Fig.4).

Candido Brugnoli da Bergamo
Tra i più noti esorcisti secenteschi bergamaschi troviamo fra’ Candido Brugnoli, esorcista e teologo. Nato a Sarnico, il 13 gennaio del 1607, entrò giovanissimo nell’Ordine dei frati minori francescani. Esorcista, era sostenitore dell’esistenza del diavolo e del maleficio operato dalle streghe di cui occorreva cercarne gli strumenti e scoprire i colpevoli, tanto più che il dono dell’esorcismo era efficace se operato con la fiducia del paziente. La sua fama di maestro nell’arte degli scongiuri doveva essere già molto diffusa nel 1648, quando a Padova, iniziò a scrivere il Manuale exorcistarum, portato a termine a Bergamo nel 1651. Dalla Treccani troviamo una interessante descrizione dell’Opera. “L’opera, divisa in due parti (“De fiducia in Deum” e “De aegroto orante Deum”, ha, coerentemente con lo scopo per il quale fu scritta, la struttura d’un prontuario sistematico di tutta la casistica di indizi e segni che caratterizzano la presenza diabolica oppure inducono a ritenerla probabile. Tanto i segni evidenti e certi quanto quelli congetturali e probabili della presenza diabolica sono classificati secondo le facoltà da cui provengono: facoltà intellettive (intelletto e volontà), facoltà sensitive interiori (amore, desiderio, gaudio, odio, fuga, tristezza, speranza, audacia, timore, disperazione), facoltà sensitive esteriori (vista, udito, gusto, parola, odorato, tatto), facoltà vegetative (nutrizione, crescita, generazione). Primo compito dell’esorcista è di individuare la facoltà cui il segno si riferisce. Nella diagnosi del B. i segni attestanti con maggior frequenza la presenza evidente di “obsessio” e “maleficium” (indicati con una crocetta) sono quelli che provengono dalle facoltà intellettive; in riferimento alle altre facoltà, il B. lascia un margine amplissimo di maggiore o minore congettura o probabilità; l’empirismo di un’esemplificazione sovrabbondante supplisce alla mancanza di nette distinzioni teoriche”. Il libro può essere liberamente consultato all’indirizzo https://books.google.it/books?id=Qy5HAAAAcAAJ&printsec=frontcover&redir_esc=y#v=onepage&q&f=false
Successivamente, nel 1668, pubblica, a Venezia, Alexicacon hoc est de maleficiis et morbis maleficis, saggio ancora più esplicativo sui temi del maleficio e della possessione. Sempre sulla Treccani leggiamo “l‘Alexicacon è opera teorica di maggiore impegno. Delle due parti in cui essa si divide, la prima tratta dei quattro tipi generali di maleficio distinti secondo le cause che li generano (Dio, demonio, streghe, oggetti naturali), la seconda descrive i modi di curare i corrispondenti tipi di indemoniati. In via di principio, il B. afferma e raccomanda la distinzione tra funzioni mediche e funzioni esorcistiche; ma nella realtà dal corso della trattazione l’efficacia dell’arte medica risulta fortemente limitata di fronte ai poteri delle forze diaboliche. Magia, cabala e negromanzia sono condannate; astrologia, alchimia e chiromanzia hanno validità congetturale e le pratiche che esse suggeriscono sono condannabili nella misura in cui limitano la libertà e la prescienza divine. Oltre che alla personale esperienza di esorcista, alla quale il B. fa volentieri espliciti e particolareggiati riferimenti, la trattazione si fonda su vasta conoscenza tanto della letteratura controversistica generale quanto di quella più specificamente demonologica”. In tali scritti il frate attaccava anche la Chiesa sempre meno incline a riconoscere le possessioni demoniache, i racconti dei sabba delle streghe e le accuse di maleficio. Criticava, inoltre, i manuali cinquecenteschi, come il Menghi che, a suo dire, avevano prescritto una eccessiva farmacopea per guarire gli ossessi e che bastava il solo applicare l’esorcismo. In Figura 5 mostriamo un documento secentesco, inedito, dal titolo fuga deamonum, che riporta una serie di rimedi per allontanare il diavolo.

Esorcisti all’Indice
Per alcuni decenni le tesi di Brugnoli circolarono indisturbate nonostante dessero scandalo negli stessi ambienti ecclesiastici. Ufficialmente la Chiesa chiedeva sempre più di allentare la caccia alle streghe e l’utilizzo di rituali e formule. Gli scongiuri del Brugnoli circolavano in maniera illegale tra monasteri e esorcisti, come testimonia il documento in figura 6, una sorta di benedizione per favorire le donne partorienti.

E’ il prete Gervasio Pizzorno, nel suo Enchiridion exorcisticum del 1668 a cercare di disciplinare la pratica degli scongiuri, impedendo la pubblicità dei riti e il loro libero accesso. All’inizio del Settecento l’Inquisizione stessa, finì per mettere al bando tutti i manuali di esorcismo. Il 23 aprile 1725 il consultore domenicano dell’Indice, Pietro Marzio Gozza, in particolare, inserì tra questi l’opera del Brugnoli in quanti prescriveva rituali non conformi a quelli approvati da Roma al tempo di Paolo V e molte copie dei suoi libri vennero distrutte





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