di Andrea Romanazzi

Continuiamo il viaggio nella Cartomanzia presente sul sito ed approfondiamo il mazzo denominato Le Petit Cartomancien , una delle espressioni più emblematiche della cartomanzia popolare europea tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo.

Lontano dai complessi simbolismi esoterici dei Tarocchi e dai raffinati richiami astrologici o cabalistici di mazzi cerimoniali, questo mazzo si pone come strumento di divinazione accessibile, immediato e profondamente radicato nella cultura visiva e narrativa del suo tempo. Composto generalmente da 36 a 52 carte, spesso associate a immagini e didascalie esplicative, Le Petit Cartomancien è un mazzo che si inserisce nell’ampia tradizione degli oracle cards e delle carte sibilline, ma con una propria autonomia formale e semiotica.

La prima comparsa del mazzo Le Petit Cartomancien si attesta tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento in Francia, in un’epoca segnata da un diffuso interesse per le pratiche divinatorie “popolari”, parallele e talvolta concorrenti alle correnti più intellettualizzate dell’occultismo parigino. In un clima permeato da spiritismo, magnetismo e fascinazione per l’Oriente, la cartomanzia si democratizza e si industrializza, grazie alla stampa litografica e alla diffusione di mazzi illustrati con spiegazioni testuali dirette.

Il mazzo Le Petit Cartomancien si inserisce in questa temperie come sintesi della sapienza popolare e della cultura editoriale tardo-positivista. Alcuni studiosi hanno ipotizzato un’origine ibrida del mazzo, mescolante elementi del jeu de cartes francese tradizionale (carte da gioco) con influenze sibilline, echi del “destino borghese” e modelli narrativi simili ai feuilleton dell’epoca. In questo senso, ogni stesura di carte diventa una micro-narrazione, un romanzo da tre atti costruito dall’interazione simbolica delle immagini e del loro senso assegnato.

La sua produzione si intensifica nei primi decenni del Novecento, in particolare in ambito francofono, grazie a editori come Grimaud, B.P. Grimaud e Dusserre.

Le Petit Cartomancien è costituito da un numero variabile di carte, generalmente tra le 32 e le 52. Le edizioni più celebri si attestano su 36 carte, numero ereditato dal mazzo tedesco Schafkopf e successivamente ripreso anche dal sistema Lenormand. Ogni carta presenta:

  • Un numero in alto (generalmente corrispondente a una carta del mazzo francese standard),
  • Un’illustrazione simbolica o di genere (es. “l’Amico”, “la Lettera”, “il Ladro”),
  • Una didascalia esplicativa con uno o più significati predefiniti,
  • Spesso una distinzione tra significato “diritto” e “rovesciato”.

Questa formula rende il mazzo estremamente semplice da usare anche per chi non possiede alcuna formazione esoterica: il significato è scritto direttamente sulla carta, senza necessità di interpretazioni complesse.

L’iconografia del Petit Cartomancien mescola motivi realistici (oggetti domestici, personaggi archetipici, animali) a simboli più astratti (cuori spezzati, occhi, nuvole). Le immagini sono spesso stilizzate, con colori piatti e bordature nere, evocando l’estetica delle stampe popolari ottocentesche. Non è raro trovare, su alcune carte, espliciti riferimenti morali o comportamentali, riflettendo una funzione pedagogica o normativa del mazzo.

Funzionamento divinatorio

Ciò che rende peculiare Le Petit Cartomancien è la presenza di indicazioni verbali precise su ciascuna carta, che consente una lettura quasi automatica e non ti chiede di “sapere”, ti guida attraverso le immagini e le parole. La visione entra proprio qui. Non si tratta di vedere il futuro come un film, ma di cogliere una direzione. L’intuizione opera come una bussola: qualcosa nella combinazione delle carte innesca una percezione immediata, una trama che si forma sotto gli occhi. Il mazzo non richiede meditazione profonda o accesso a simbolismi ermetici: richiede ascolto.

Il principio è lineare: ogni carta ha già scritto il suo significato. Ma la lettura non consiste nel leggere la didascalia come fosse un biglietto della fortuna. L’interprete deve “sentire” la carta, decifrare l’immagine come un presagio, lasciarsi colpire da un dettaglio che in quel momento vibra più degli altri. La didascalia è l’ossatura; l’intuizione è il soffio.

La lettura a tre carte è una freccia: passato, presente, futuro. È un sistema rapido, che usa la linearità delle immagini come una sequenza narrativa. Se compaiono “Lettera”, “Amico” e “Falsità”, la storia nasce da sola: comunicazioni, rapporti, un inganno. L’interprete diventa narratore, ma senza inventare nulla: le carte suggeriscono.

La croce semplice offre un piccolo teatro: la domanda al centro, un ostacolo, un consiglio, un esito. A quel punto le illustrazioni funzionano quasi come attori. La carta del “Ladro” messa come ostacolo non serve a fare paura, ma a indicare dove si perde energia o dove si annida un errore.

La ruota delle nove carte – tre per riga – è perfetta per chi ha una questione più larga da srotolare: relazioni, lavoro, scelte di vita. Tre carte verticali, orizzontali, diagonali: la trama si intreccia. La bellezza sta nella combinazione. Una “Lettera” accanto al “Ladro” genera l’idea di un inganno scritto; se invece è vicina all’“Amico”, parla di comunicazioni sincere o di notizie buone.

Il valore del Petit Cartomancien sta proprio qui: è il ponte tra la cartomanzia più rustica, istintiva, delle vecchie carte da gioco, e il desiderio moderno di avere strumenti “leggibili” da chiunque. Chi si avvicina alla divinazione non come mistica, ma come arte narrativa, trova qui un compagno ideale. Il mazzo ti racconta la vita come facevano i vecchi cantastorie: con immagini nette, parole dirette e un piccolo teatro di personaggi che, nel loro essere semplici, riescono a dire l’essenziale. È un sistema che non pretende di elevare lo spirito al cielo: preferisce restare negli interstizi del quotidiano, dove la magia – come sempre – si nasconde meglio.

Una replica a “Cartomanzia: Le Petit Cartomancien un mazzo oracolare popolare”

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