di Andrea Romanazzi
Da sempre il centro nevralgico di una città o di un borgo è l’osteria, ovvero un luogo dove si può bere, mangiare, e dormire. Ogni città ha le sue e ovviamente Bari non eè da meno. Qui, tra tegami in terracotta dei vasai di Rutigliano, donne e uomini preparavano, con le loro mani, pietanze dal profumo di cipolla, sedano, basilico e pomodoro, cotte alla fiamma del carbone e condite con olio provenuto proveniente dal frantoio.
A differenza di oggi dove è il commensale a scegliere dal menù ciò che più gli aggrada, nelle vecchie cantine ed osterie vi era il menù fisso declamato dal padrone che, avvicinandosi al cliente, gli proponeva le pietanze del giorno. A Bari, la prima cantina di cui abbiamo notizia è l’hospitium sancti Nicolai, dove potevano dormire e rifocillarsi i pellegrini che venivano a visitare il santo, una delle tante osterie di proprietà del capitolo di San Nicola. Queste erano facilmente riconoscibili da una sorta di insegna ovvero una statua simulacro proponente il Santo, come quella scolpita in pietra ancora visibile presso la chiesa Santa Teresa dei Maschi.
E’ nel Quattrocento che le cantine iniziano a diventare luogo di ritrovo di viaggiatori, la lavoratori, ma anche di sgherri e fuoriusciti, luoghi di incontri e complotti. Non abbiamo molte indicazioni sulle osterie baresi in quel periodo, tralasciando un’antica leggenda che narra la presenza a Bari di una grande locanda che serviva da albergo per in pellegrini e mercanti di proprietà di un certo Bernardo, studente dell’università di Napoli che a un certo punto, stufo dello studio aveva aperto sale ritrovo dal nome “de miracoli”.
Notizie più certe sono quelle riferibili alle osterie ottocentesche. Nella città, anche grazie ai commerci e ai pellegrinaggi, taverne e osterie si moltiplicarono rapidamente tanto che nel 1881 ne troviamo ben 80 e Pochi anni dopo, nel 1902 il censimento ne contava 102.
Quando si apriva una nuova osteria il proprietario era solito mandare in giro un banditore con un fiasco di vino e spesso anche con un piatto di vermicelli conditi con il ragù in giro per le strade principali della città a far pubblicità. Il menù era quasi sempre lo stesso anche se ognuno aveva poi la sua specialità “u ccrute, menuìcchje cu ragù a la veccìere, brascìole de carcavàdde, capùzze o furne, ghjemerìedde, marre, u paranzìedde, fritte miste, acìedde o spite”. Non mancavano quasi mai i vermicelli al sugo di pomodoro e il “polpo cotto nell’acqua sua”. Prendendo spunto dal libro del Sada “I tabernacoli baresi dell’onesto peccato” cerchiamo di fare un elenco delle locande di Bari.

In via Ruggero il Normanno, 82 troviamo la Locanda di Saverio Vezzoso, mentre in vico Forno Santa Scolastica l’osteria “duVettare”. In strada Dottula al numero 13, Rosa Dolera serviva polpette e braciole cotte nella pignatta di creta, mentre l’osteria sita in Strada San Marco 51, nota come Carnatoste, era nota per la sua ottima carne di cane di coniglio. Chi si recava in largo Albicocca, al 19 da Pan e Auuì, si accontentava, invece, di un pasto frugale di pane, olive e vino, mentre della buona trippa al forno si poteva assaggiare all’osteria sito in strada Carmine, al numero 18 di PeppineFecchètte. Di fronte al pozzo di Bona Sforza, alle spalle della cattedrale, invece c’era l’osteria di Puzze nota per trippa e fagioli insieme a provolone piccante e montagne di frittura di pesce. In via San Nicola 27 Troviamo Calandrìedde. Alla strada Zonnelli 5 vi era l’osteria di Beccone, invece famosa per i suoi frequentatori di malaffare- L’osteria di Chicherìedde, nel cortile del Palazzo di Papa Sisto, in strada san Nicola 27,, mentre alla strada Arco Alto vi era l’osteria di Iannìne de Venànzie, famosa per i suoi “fasùl-e ppaste che le còdeche”, mentre da Pizzillo si consumavano involtini di cavallo, paste e fagioli e panzerotti fritti conditi con sugna e ventresca, si consumava abbondante vino fino a che non erano fatti a cciucce, ovvero ubriachi. In via san Pietro l’Eremita era sita la famosa cantina di Cianna-Cianne, il cui nome è ancora oggi simbolo di osterie, e da Gìuegiàue dove si serviva vino e pizza. Se non si era troppo schifiltosi l’osteria giusta era invece quella di Adriana delle Vergini, nota come grande sozzona, per questo soprannominata Caca-metande.Oggi, di tutte queste osterie storiche rimane solo l’osteria Vaddìse di Paglionico e da Compar Beppe delle Travi, fondata nel 1813 ed oggi ancora esistente in largo Ciurlia.
A chiudere questo approfondimento un suggerimento tutto barese. Dopo una buona mangiata vi va di giocare al lotto? Ecco i numeri:
3, l’uomo in cantina, 9, il cuoco, 20, il fornaio, 40, l’osteria, 88, le donne con le uova.