Altamura e Castel del Monte: l’eccezione e la regola


di Andrea Romanazzi

C’è qualcosa che accomuna la cattedrale di Altamura e Castel del Monte: in fondo costituiscono entrambe un’eccezione, la prima per essere l’unica chiesa che la storia ricordi espressamente voluta, fondata e riconosciuta da un imperatore che sembra preoccuparsi solo della corona e dei piaceri del corpo e della mente, piuttosto che della salvezza dell’anima (motivo per il quale altre teste coronate si affannavano il più delle volte ad erigere cattedrali e cappelle); il secondo per essere di nome un castello e di fatto tutt’altro, rientrando quindi di diritto nei ranghi dell’architettura federiciana ma sempre con il sigillo dell’unicum, dell’enigma irrisolto, della sintesi perfetta di significati più o meno reconditi.

Cattedrale e castello vedono in un certo senso sfumare i confini imposti loro dalla destinazione d’uso e dai significati simbolici: entrambe sono sicuramente centri di potere, allusione al senso di sacralità e di sovranità, rifugio inespugnabile per le anime o per i corpi, traduzione in pietra del simbolo, divino o meno che sia. Come i monasteri erano;castelli di Dio» per i monaci medievali, così Martin Lutero riteneva Dio;un potente castello, una forte difesa ed arma»; allo stesso modo Castel del Monte appare una chiara metafora del potere, dell’uomo che vi è dietro, del suo scettro e della sua corona. Come le chiese volevano essere nella loro forma e nei loro volumi la traduzione visibile e l’interpretazione della Gerusalemme celeste, città tradizionalmente immaginata come ottagonale, così anche per Castel del Monte qualcuno ha voluto suggerire la precisa volontà di farne la Gerusalemme terrena, la;cattedrale laica» di un sovrano che si appropriò del sacro non per costruire cappelle bensì per definire la metafora del suo potere. I luoghi sacri tendono verso l’alto e si situano essi stessi in posizione elevata, dominante; sono legati all’immagine del sole ed al punto del cielo in cui esso nasce; è Cristo ad essere associato al sole, e ad essere chiamato sol invictus o sol occasum nesciens, e sono le chiese ad essere “orientate”, cioè rivolte a levante dalla parte dell’abside. E qui, come ignorare il rapporto tra Federico e il sole, se lo stesso Manfredi suo figlio, all’indomani della sua morte, scrive al fratello Corrado che;è tramontato il sole del mondo (…), il sole della giustizia»? Come dimenticare che Castel del Monte, al di là delle inequivocabili connessioni con la matematica, l’astronomia, l’astrologia, la scienza, è effettivamente “orientato”, con l’ingresso principale e con la cosiddetta sala del Trono rivolti verso il punto dell’orizzonte dal quale si leva il sole?

Sono forse solo suggestioni, o coincidenze; ma l’eccezione con cui si vuole indicare la costruzione di una cattedrale da parte di un imperatore non del tutto;casa e chiesa», conferma senz’altro la regola ferrea alla base della sua concezione di potere, in cui l’importanza e l’ostentazione del simbolo sovrastano l’umano per alimentare il mito della personale identificazione con il divino.

La cattedrale

La cattedrale di Altamura, dedicata all’Assunta, è uno tra gli edifici più noti e dibattuti nel contesto degli studi. Fu fondata da Federico II in una data incerta, generalmente individuata tra 1223 e 1245, con il titolo di cappella palatina e con i privilegi di esenzione da qualsiasi giurisdizione che non fosse quella del sovrano; tali privilegi vennero riconfermati dagli Angioini che nel 1316 la ricostruirono, così come attesta un’iscrizione sul portale settentrionale.

Sulla configurazione originaria così come sull’aspetto assunto dalla chiesa in età angioina non si hanno le idee chiare, anche perché nei secoli si sono succeduti un gran numero di interventi e di trasformazioni (tra l’altro con l’elevazione delle due torri che le conferiscono l’aspetto così “oltralpino”), fino ad arrivare alla veste interna conservatasi fino ad oggi e dovuta a restauri condotti tra 1854 e 1860. Una delle questioni più discusse riguarda la presunta inversione dell’orientamento dell’edificio attuata nel Cinquecento, dopo che nel 1485 la chiesa fu elevata al rango di Collegiata insigne: in altre parole, alcuni sostengono che la cattedrale originaria fosse regolarmente orientata, e cioè con il prospetto in posizione opposta a quella attuale e che in seguito, per far spazio alla costruzione di un nuovo coro più profondo, l’intera facciata sia stata “trasportata” da ovest ad est insieme al portale e al rosone, rimontati poi sulla nuova cortina muraria insieme ad altri pezzi (la finestra absidale) appartenenti alla redazione più antica.

Le ricerche più recenti stanno dimostrando che questo ribaltamento non è mai avvenuto, e che gran parte dell’attuale prospetto ha conservato una fisionomia vicina all’originale; ed oggi come allora, l’attenzione è tutta concentrata sul grandioso portale, che rientra a buon diritto nella categoria stilistica del romanico pugliese pur essendo culturalmente e storicamente ormai lontano da quelle espressioni. Generalmente valutato sulla base dei confronti con il portale della cattedrale di Bitetto, datato 1335, il portale reca al centro del timpano un doppio stemma riferibile agli Angiò di Napoli il primo ed al ramo cadetto dei principi di Taranto e signori di Altamura il secondo, grazie al quale la datazione proposta oscilla tra il 1356 ed il 1374, nel pieno di quella cultura fiorita intorno alla corte angioina napoletana. Lungo gli stipiti e l’archivolto si snodano le scene della vita di Cristo e di Maria, derivate forse in parte, dal punto di vista iconografico, dai preziosi codici miniati prodotti a corte, ma anche da fonti nordiche ed adriatiche.

Il castello

L’interpretazione controversa dell’unico documento che lo nomina, non aiuta a saperne di più; non è neppure certo se il castello fosse ultimato prima della morte di Federico e quindi se egli vi abbia effettivamente soggiornato; per ironia della sorte, la storia ci dice che gli unici Hohenstaufen che abitarono Castel del Monte furono i figli di Manfredi, i nipoti di Federico, in qualità di prigionieri.

L’ascesa al castello segue il ritmo lento dei riti solenni, quasi che la strada conduca ad un altare. Uno strano altare, di forma ottagonale, con cortile ottagonale, ed otto torri della stessa forma agli otto vertici, simbolo di una regola geometrica ossessiva nella sua più ferrea applicazione.

Un castello che si impone maestosamente come tale e che nel contempo finge di esserlo davvero. Nonostante nome ed apparenza, Castel del Monte contraddice ogni elementare regola in materia di architettura militare; non c’è e non c’era un fossato, né un ponte levatoio, né c’erano postazioni di offesa per tirare con archi e balestre, o scaricare olio bollente sui nemici; e gli orridi sotterranei in cui rinchiudere i prigionieri; e lo spazio per le guarnigioni, i viveri, la servitù, il numeroso seguito di una corte itinerante come quella dell’imperatore. Tecnicamente poi, le minuscole feritoie progettate per arieggiare ed illuminare sono in pratica inutilizzabili per scoccare le frecce, e le ampie e ricche finestre del piano superiore costituiscono una barriera inesistente per chiunque volesse attaccare; come se non bastasse, le scale a chiocciola girano tutte in senso antiorario, consentendo al possibile assalitore di brandire la spada nella sua ascesa, e di affrontare l’indifeso che le stesse scendendo (sempre che, per un caso malaugurato, costui non fosse mancino). Infine, neanche una botola attraverso cui fuggire, un cunicolo che porti alla salvezza, un percorso segreto per poter dare l’allarme.

Però ci sono ampie sale dotate di ogni lusso, servizi igienici all’avanguardia completi di nicchia in cui alloggiare la lucerna, alti camini per riscaldare gli ambienti più riservati, marmi e mosaici sui pavimenti e alle pareti, decorazioni degne di una cattedrale, il tutto celato dietro le forme di un maniero.

Il Medioevo non lasciava nulla al caso, rigettava del tutto l’idea di una;fabbrica senza scopo»: in un edificio medievale, anche gli oscuri significati che oggi talora ci sfuggono avevano sempre una loro ragion d’essere. Castello o non castello, fu dunque certamente costruito per essere abitato o comunque frequentato, e non per rappresentare un concetto astratto o essere un monumento fine a se stesso. E i suoi meccanismi di difesa, lungi dal mostrarsi apertamente, esistono nella struttura progettuale a livello di gioco architettonico; ecco il labirinto dei percorsi obbligati, secondo i quali si entra e si esce solo attraverso determinate sale; ecco gli accessi differenziati al piano superiore, a seconda delle varie torri. Una concessione alla ferrea modularità dell’insieme e alla severa preponderanza di quel numero magico, l’otto, che evoca l’infinito, che fa quadrare il cerchio una volta per tutte (essendo l’ottagono la rotazione del quadrato), che fonde inscindibilmente le due figure geometriche simboli del cielo e della terra. Ancora ambiguità dunque, in questo castello che si spaccia per tale ed è forse tutt’altro: sicuramente un simbolo, di sacralità e sovranità strettamente connesse alla figura storica e mitica dell’uomo che lo volle.

 

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