Criptozoologia marina: I mostri italiani (Parte II)

di Andrea Romanazzi

Il Leviatano: Il Serpente di Mare

Se fino ad ora il mito si è rivelato vero, esaminiamo mostri la cui esistenza è più discussa.

Un essere marino che è presente in diversi contesti culturali è il serpente di mare. E’ descritto nell’Antico Testamento “…Fa ribollire come pentola il gorgo, fa del mare come un vaso di unguenti. Nessuno sulla terra è pari a lui, fatto per non aver paura. Lo teme ogni essere più altero; egli è il re su tutte le bestie più superbe”. Probabilmente il Leviatano, nome con il quale è anche conosciuto, nasce dalle credenze politeistiche mediorientali. Nella religione babilonese, infatti, la dea del mare Tiamat era rappresentata proprio come un serpente marino. La creatura è presente anche nel libro dell’Eneide, in cui compaiono due terrificanti rettili inviati dalle divinità per uccidere Laocoonte sulle rive del mare di Troia. Forse, però, il serpente marino più famoso è Cariddi, anch’esso in origine una bellissima ninfa, figlia di Poseidone e Gea che,punita da Zeus, viene trasformata in una enorme lampreda che, con la sua gigantesca bocca, risucchiava le navi in mare.L’ofide di mare è poi presente nelle saghe e nella mitologia norrena. Troviamo Miðgarðsormr, il serpente marino che avvolge con le sue spire l’intero mondo.Se questo il mito, molti sono i racconti di avventurieri circa l’avvistamento di tali creature. Nel 1734, Hans Egede, missionario norvegese, lo avvistava tra le acque della Groerlandia“…Verso l’ora sesta apparve un animale marino assai terribile, e si erse tanto in alto sopra l’acqua che la sua testa superò il castello di prua. Aveva un muso lungo ed affilato e soffiava un getto d’acqua come una balena. Aveva grandi pinne allargate ed il corpo era ricoperto di una pelle dura, che era molto rugosa ed irregolare; inoltre, la parte posteriore aveva la forma di un serpente. Quando si rituffò nell’acqua, prese la direzione opposta, e così facendo alzò la coda sopra l’acqua: questa era distante dal corpo per tutta la lunghezza della nave…”.Altri interessanti avvistamenti avvengono nel 1845 a carico di due pescatori al largo della Nuova Scozia, nel 1848 presso l’isola di sant’Elena, nel 1857 nei pressi del Capo di Buona speranza e nel 1877 presso le coste della Sicilia.

Queste testimonianze spinsero lo zoologo Antoon Cornelis Oudemans a pubblicare, nel 1892, un libro intitolato The Great Sea Serpent relativo all’osservazione di serpenti di mare in tutto il mondo ancora oggi alla base della moderna criptozoologia. Qui Oudemans descriveva ben 187 rapporti di presunti avvistamenti di grandi animali sconosciuti negli oceani e nei mari di tutto il mondo. Successivamente, il già citato zoologo Bernard Heuvelmans pubblicò Sur la piste desbête signorées, un caposaldo della criptozoologia e, in seguito, nel 1965 Le grand serpent-de-mer. Le probleme zoologique et sa solution dove tentava di dare una spiegazione agli avvistamenti di questa creatura che ancora oggi attende di essere scoperta negli oceani. Oggi il serpente marino viene accostato all’Ophirus Serpens presente nel Mediterraneo, una sorta di enorme anguilla che nei casi estremi sfiora i due metri e mezzo ma in realtà i serpenti marini della mitologia non vanno assolutamente confusi con queste creature. Il mistero persiste.

Criptozoologia marina italiana

Non basterebbe un intero saggio per esaminare tutte le misteriose creature marine. Quest’ultima parte dell’approfondimento, così, vogliamo dedicarla ai mostri di “casa nostra”. Avvistamenti di pesci mostruosi e di curiosi esseri marini si documentano dall’antichità sino ai nostri giorni nei mari italiani r numerose sono state le indagini sul campo del Centro Studio Misteri Italiani (www.centrostudiomisteritaliani.com).

Seppie e Calamari giganti sono stati più volte documentati nel Golfo di Venezia dove si parla, ad esempio, di un polpo pescato nel 1825 a Senigallia del peso di oltre 100 libbre. Nel ‘500 si ha notizia della cattura, a Pesaro, di un Basilisco, una creatura mitologica citata anche come “re dei serpenti”, mentre il ritrovamento di Satiro Marino viene descritto da Antonio Donati nel 1631 nel suo libro Trattato dei Semplici, pietre et pesci marini che nascono nel Lido di Venezia. Qui l’autore scrive “…mentre trascorrevamo per detto lido stavamo del continuo appresso le onde del mare poiché a quelle ritrovavamo cose le quali erano di nostra grandissima delectatione…ad un tratto ecco un pesce trasparente come un pezzo di ghiaccio, di figura simile a una testa di Satiro. Li suoi occhi sono grandi come quelli del bue, narici umane ma schiacciate, la bocca e molto larga, e ha lunghi mustacchi l’una sopra l’altra, la sua barba è divisa come si vede nel presente ritratto è così ben fatta che è degno della sua ammirazione…”Sempre nello stesso tratto di mare, nel 1777, sarebbero catturati due serpenti di mare così per scritti

“…Ha una testa Ostia è lateralmente schiacciata a guisa della testa del pesce volgarmente detto San Pietro, nella quale porta due occhi grandi, piatti, di figura circolare, con un testone sopra posto è rilevato sul teschio senza veruna incassatura, ambo bianchi, e lucidi virgole come una rotella di smalto borseggiato duro brunito, con in mezzo una nerissima macchia nera circolare, che mi forma la pupilla. la struttura del tuo corpo e parimenti schiacciato come la testa, che nel più grosso non arriva alla grossezza di un’oncia di palmo Romano, è alto dalla nuca fino sotto il la gola 10, il quale si estende in lunghezza di 4 anni e mezzo, in forma di acutissima piramide, vestita di una ben liscia Pelle, che è ricoperta di una specie di piuma argentea, che si attacca alla mano di chi la tocca, come quella dei farfalloni. sopra la schiena porta sollevata, a guisa di resta, una delicatezza delicatissima membrana trasparente, e sottile come un velo di colore di Saffo, che dalla nocca si estende fino alla fine della coda dove si riduce come un filo..”.

In alcuni casi esistono anche dei resti di tali ritrovamenti. In Abruzzo, ad Atessa, nella sacrestia del Duomo della cittàè custodita un’enorme costola attribuita ad un drago. Nel monastero di San Giulio, su un’isolotto del Lago d’Orta, è conservata una “vertebra del drago”, in realtà un osso appartenente ad un cetaceo marino lasciato sull’isola come ex-voto di qualche marinaio miracolosamente scampato ad un naufragio, mentre una misteriosa gigante costola è presente nell’abazia di Staffarda, in Piemonte. Un enorme esemplare di pesce Luna, per molti anni creduto un mostro di mare mitologico, venne invece ritrovato sulla spiaggia di Casteldimezzo nel 1781. Nel 1898 a Muggia fu catturato un esemplare che, per il suo peso, non si riuscì ad essere tirato a bordo della nave che lo aveva incrociato. Trascinato a riva, oggi è visibile nel Museo di storia naturale di Trieste.Questo curioso animale, il più grande e uno dei più pesanti tra i pesci ossei, ha ispirato molteplici leggende.Oggi viene descritto così dall’Atlantic “il pesce luna è intrinsecamente bizzarro, e la cosa più strana che lo riguarda non è il dente che ha nella gola. Non è il fatto che faccia il morto sulla superficie dell’oceano e non è nemmeno il modo in cui i suoi occhi spalancati lo facciano perennemente somigliare a una persona che ha appena realizzato di aver lasciato i fornelli accesi a casa. La cosa più strana dei pesci luna è la loro forma. (…) È come se qualcuno si fosse messo a costruire un pesce, avesse aggiunto un’enorme pinna verticale proprio dietro la sua testa per poi interrompere il lavoro in preda a una risata irrefrenabile…”. Molti sono stati poi gli avvistamenti di Pesci-Isola come descritto nella relazione Del maraviglioso mostro ritrovato nelle spiagge del mare lontano 7 miglia da fermo il 15 agosto 1735, dove viene descritta una creatura la cui lunghezza doveva superare i 16 metri. Nel 1923, a Camogli, veniva pescato “uno strano squalo lungo 6 m e pesante 1.200 kg”, con una strana protuberanza sopra la testa. Imbalsamato, oggi è visibile nel Museo di storia naturale di Genova.Subito nominato “rinoceronte marino”, una sua fotografia fu pubblicata su “La Domenica del Corriere”. Per molti si tratterebbe di uno squalo con malformazioni, ipotesi che potrebbe spiegare le tante leggende su creature munite di corno che ha da sempre generato paure nelle generazioni di pescatori liguri.

Colapesce

Concludiamo questa carrellata con un “mostro della laguna” tutto italiano. La leggenda di Cola Pesce è diffusa nell’Italia meridionale, tramandata in molte varianti, le cui origini risalgono al XII secolo. Narra di un nuotatore “audace” nato a Messina, Bari o Napoli che aveva la capacità di vivere sui fondali marini. Nella tradizione barese egli è “Nicolaus”, soprannominato “Papa”, abile marinaio pugliese di nascita che il re di Sicilia Ruggero II costrinse a scendere nel mare per esplorare gli abissi. Sotto le acque il nuotatore scoprì monti, valli, boschi, campi ed alberi ghiandiferi. Walter Mapes riporta questa leggenda nel 1188 dopo un viaggio in Italia. Ancora di Colapesce troviamo informazioni in una poesia del poeta franco provenzale Raimon Jordan che canta di un “Nichola de Bar” che viveva come un pesce nel mare riuscendo a restarci senza respirare. Un altro frate, Salimbene de Adam da Parma, nel XIII secolo narrava una leggenda secondo la quale Federico II di Svevia si divertiva ad ordinare a Nicola, in questa versione nuotatore messinese, di riportargli una coppa d’oro che scagliava per gioco nel mare. Come detto, caratteristica di questo personaggio è la possibilità di rimanere sott’acqua per moltissimo tempo come se fosse dotato di branchie. Bugatti da Milano, nel 1600, narra che “…sotto il pontificato di Gregorio IX Noto in Sicilia fu un uomo Marino chiamato Cola Pesce che, tanta era la pratica del suo vivere in mare, nuotando come un pesce che il giorno che non vi entrava stava male”. Una versione napoletana racconta come “…era costui Mirabile uomo che vive nei tempi antichi alla corte di un Re di Napoli ed aveva la virtù di partecipare la natura dei pesci. Poteva starsene lunghe ore e lunghi giorni nel fondo del mare senza bisogno di respirare come se si trovasse nel suo proprio elemento. Il re se ne servi più volte per diverse notizie. Una volta, per esempio, vuole sapere com’era fatto il fondo del male e Niccolò pesce, dopo averlo visitato, disse che era tutto formato di giardini di corallo, l’arena è cosparsa di pietre preziose, e che si incontrano molti tesori marini, armi scheletri e navi sommerse. Un’altra volta il re ordinò di indagare come l’isola di Sicilia si regga sul mare e Nicolò pesce disse che posava su tre immense colonne una delle quali era spezzata”. Leggende? Ebbene, si narra che nel 1700 sia stato trovato, sotto le falesie della costa che va da Gabicce a Pesaro, un uomo pesce morente l’unico rimasto di un regno sommerso che sarebbe vissuto su uno scoglio spoglio e roccioso lì presente. Sicuramente la leggenda di Colapesce si inserisce in quelle di sirene, tritoni e nereidi che sono fortemente diffuse in tutta l’Italia e che spesso rappresentano la magia delle mille marine italiane ma, siamo sicuri che non nascondano altro? La parola a futuri criptozoologi.

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