di Andrea Romanazzi
Le Differenti Figure del Magismo africano
Questo articolo vuole approfondire le tradizioni magico-popolari autoctone presenti in quell’area nord africana, tra Marocco, Algeria e Tunisia, da me personalmente investigata. Se da una parte questo territorio oggi è culturalmente egemonizzato dalla religione islamica, dall’altra è ancora ben osservabile una forte radicazione della tradizione magica pre-monoteista. Questo “viaggio” nella terra che fu di Avenzoar, Averroè, Ibn Tofail e El Alami, grandi medici arabi, ci porterà ad incontrare ciò che resta di quella religiosità primitiva e popolare che caratterizzava quelle “antiche” nazioni prima di essere cancellata dall’oscurantismo religioso mussulmano e dalle occupazioni coloniali europee.
La religione autoctona africana è strettamente legata al mondo naturale. In queste aree si crede ancora che la malattia non abbia sempre una causa fisica ma che possa essere generata da una punizione divina. E’ noto, ad esempio, come ancora oggi la paraplegia sia considerata una maledizione di Allah ovvero dovuta ad azioni di magia nera da parte di stregoni assoldati da nemici di famiglia. In questo contesto non deve stupire come il tentativo di guarigione possa passare attraverso rituali magici e l’intermediazione del magus. Chi è costui? Non è facile definirne i tratti di questa figura poiché in Africa, nel suo ruolo si sovrappongono differenti individui quali il mago, lo sciamano, lo stregone e il medico. In realtà va fatta una precisazione. Lo sciamanesimo è un fenomeno fondamentalmente centro-asiatico, il termine deriverebbe da una parola tungusa, shaman. Se ogni sciamano è un mago, non tutti i maghi sono sciamani. Lo sciamano, in senso stretto, è colui che può trasumanare e compiere il viaggio. Allo stesso modo anche il suo rapporto con gli spiriti è peculiare, poiché lo sciamano non si fa possedere dalle sue entità guida ma le domina, elemento che lo differenzia dai protagonisti delle ossessive danze di possessione africane. Nell’Africa nord sahariana quindi non si può parlare di sciamani e sciamanesimo, almeno non in senso stretto.
Il “Santo” Marabutto
Nell’area nord-sahariana, in particolare in quella maggiormente influenzata dalle tradizioni arabe come il Marocco o l’Algeria, lo stregone assume connotazioni ben specifiche. Tra le figure strettamente connesse alla magia e medicina popolare troviamo quella del marabutto o wali, il vero e proprio intermediario tra gli dei e l’uomo. Per fare un rapido paragone, il marabutto non è dissimile dal santo cristiano, tanto da avere riconoscimenti anche nella religione islamica che gli attribuisce un ruolo sacro. La santità nella cultura islamica in realtà è uno stato fortemente controverso. Etimologicamente la radice araba per santo è ق د س, ovvero indica un individuo che deve la sua “particolarità” non a meriti personali ma esclusivamente ed unicamente a Dio: “Egli è Dio, oltre a lui non c’è nessun altro, è il Sovrano, il Santo, la (sorgente della) pace” (Corano 59, 23; 62,1). Per usare dunque termini più corretti il Marabutto è una sorta di “benefattore” che, grazie all’intercessione divina, acquisisce poteri soprannaturali.
La letteratura agiografica divide i Marabutti in due categorie, quelli che acquistano fama da miracoli compiuti attraverso la forza magica donata loro da Dio, la Baraqa o Baraka, e chi proviene da stirpi nobiliari, discendenti diretti di Muhammad, di uomini sacri per il clan o la tribù, o di maestri spirituali. Tra le loro pratiche troviamo la capacità di guarire, la veggenza e soprattutto il contatto con la divinità, nonché la ricerca dell’estasi tramite pratiche come la khalwa o la meditazione. Il culto del Marabutto continua anche e soprattutto dopo la sua morte, infatti una volta defunto, viene seppellito in un santuario a forma cubica detto kubba, dove si recano i pellegrini in cerca di guarigione.
Questi mausolei rendono spesso sacra la città dove vengono realizzati. In altri casi tali santuari sorgono nei pressi dei khalua il rifugio dove il santo si era ritirato durante la sua vita. Qui i pellegrini si recano per chiedere grazie attraverso sacrifici di animali, che agirebbero da transfert del male, o per trovare protezione dai djinn. All’interno dei santuari è sempre presente un fornelletto detto kanun per le sacre fumigazioni, tra cui quella di bkhur , una miscela composta da sette elementi: chebba (allume), jaui (benzoino), luhan (incenso), kesbur (coriandolo), ud el qomari (aloè), amhar (ambra) e kafor ( canfora).
Proprio come i santi cristiani ogni Marabutto ha delle specifiche capacità. Sidi Makhluf, ad esempio, è venerato come guaritore da paralisi, Mulay Ahmed el Uazzani aiuta i malati di disturbi neurologici. Sidi Abdul Qadir Jilani (Fig.2),

protettore dei poveri e dei viandanti è noto soprattutto in Maghreb anche se la sua tomba si trova a Baghdad. Sidi Muhammad ben Aissa è il patrono della bellissima città di Issawa

che, come ho potuto appurare personalmente, è fortemente legata a questo marabutto che assicurava il denaro ai poveri. Tra le tante leggende sul suo conto si narra quella di un povero che gli chiese del pane ma lui, non avendo nulla da dargli, gli garantì che avrebbe potuto magiare la prima cosa che trovava senza correre alcun rischio. Quando l’uomo scovò una vipera, se ne cibò senza conseguenze, e la tradizione vuole che ancor oggi gli abitanti di Issawa possano magiare vipere e scorpioni senza pericolo

Lo scrittore Akhmisse riferisce di un altro importante santo, Sidi Ali Bukhlef di Fez, presso il cui mausoleo molti pellegrini trascorrono intere notti in attesa di avere la visione del santo vestito di un barracano rosso, a garanzia della guarigione avvenuta. Sempre a Fez è anche sepolto Sidi Ahmaed el Bernussi, protettore dei malati incurabili e Mulay Hushta, il “santo folle” che salvò la tribù di Fishtala dalla siccità e quindi dispensatore di pioggia nonché protettore della musica e dei canti. Tutti coloro che vogliano addentrarsi nelle arti musicali passano qualche notte tra le mura del mausoleo dove è sepolto per ottenere la sua benedizione. Se Fez è un centro mistico, ancora più avvolta da un alone magico è mistica Marrakech.

Degni di nota sono i “sette santi di Marrakech”, o sette uomini, teologi o mistici sufi che hanno i loro mausolei nella città di Marrakech, oggetto della venerazione popolare. L’istituzione di questi santuari è stata eseguita dal mistico Abu Ali al-Hassan al-Yusi per volere del sultano alawita Mulay Ismāīl, nei primi anni del XVIII secolo.

Questi luoghi sono protagonisti di un pellegrinaggio per i mausolei che porta i credenti a trascorrere il venerdì sulla tomba di Sidi ben Sliman, il sabato a Sidi Abdelaziz, la domenica a Sidi el Ghezuani, il lunedì a Sidi Essoheyli, il martedì a Sidi Youssef ben Ali, il mercoledì a Sidi el Ayad e il giovedì a Sidi bel Abbès.
A Marrakech troviamo anche sante femminili come Lalla Zohra ben el Kush. Figlia di un importante capo religioso, aveva il dono di trasformarsi in sparviero di notte e donna di giorno. La tomba della santa ha una forte affluenza di donne che vengono a implorarla per diventare feconde. Sempre nella città è presente anche il culto dei Rabbì Cohen, santi ebraici ai quali i fedeli sterili sacrificano animali quali montoni o galli nelle vasche sacre, dove s’immergono con i piedi coperti di pasta di farina. Diverranno fertili solo se le tartarughe lì presenti si avvicineranno per mangiare la pasta. L’elenco potrebbe continuare per molte altre pagine ma non ci dilunghiamo oltre.
I FKIH ovvero i Guaritori del Corano
Non sono i Marabutti gli unici intermediari con il divino. Molto diffusi nel nord Africa sono i buhala o folli la cui vicinanza a Dio li ha resi pazzi, i nujaba, ossia i saggi, la cui intelligenza ha raggiunto la completezza e infine il fkih. Il termine generalmente indica un erudito che conosce a memoria il Corano. Seguendo particolari scuole segrete, ancora oggi attive, può diventare, attraverso la conoscenza e l’utilizzo dei sacri versetti, un guaritore. L’iniziazione durerebbe 101 giorni durante i quali l’uomo deve isolarsi dal resto del mondo e cibarsi solo di datteri, pane d’orzo e latte. L’ultimo giorno di ritiro si guarderà allo specchio e, illuminato dalla fioca luce di una candela, vedrà l’immagine del suo khdim, il suo spirito guida. Solo successivamente potrà imparare l’arte di confezionare talismani realizzati con fogli di carta da portare poi indosso dove misteriosi simboli occulti si mescolano alle parole dei versetti coranici.

I guaritori sono diffusissimi in tutto il Marocco, si trovano soprattutto nella famosa piazza di Djemaa el-Fna a Marrakech.
Fondamentalmente si occupano di confezionare talismani amorosi per donne e difficilmente si lasciano avvicinare da uomini, tanto che, durante uno dei miei viaggi, per rivolgere loro alcune domande e farmi preparare alcuni talismani, ho dovuto mandare in avanscoperta il gentil sesso. Ecco così che tra i vari oggetti e pergamene portafortuna, troviamo la ricetta della “pasta dell’infedeltà”. Si tratta di massa impastata con l’acqua di sette pozzi lasciata riposare per sette giorni in un cimitero. Posta su un tragitto compiuto della coppia assicurerebbe la separazione. Vi sono però rimedi anche per assicurarsi la fedeltà del marito. La sposa deve mettere due aghi, uno a nord e uno a sud della camera da letto, spalmato con la suddetta pasta pronunciando queste parole: “Come questo ago può uscire o entrare nella cruna solo se lo voglio io, voglio che (nome della persona) diventi impotente”.
Un altro interessante metodo di guarigione è l’incantesimo con lo zafferano. Il termine deriva dall’arabo za farān e significa “giallo”. Nei souk e nei mercati di spezie è presente ovunque, ed è tipico della cucina nord-africana, anche grazie alle sue virtù afrodisiache già note a Plinio. E’ molto diffuso l’utilizzo abluzioni della parte malata in soluzioni di acqua calda e tale spezia. Il male verrebbe assorbito dallo zafferano, che concentra in sé il potere della terra, e poi dall’acqua, poi affidata nuovamente alla terra eliminando in tal modo la malattia.
In altri casi i fkih guariscono anche da possessioni demoniache dei djinn. Si tratta di veri e propri rituali di esorcismo. Con un Corano, un copricapo fez in lana bianca e un coltello senza manico, accolgono il malato in una stanza addobbata per l’occasione. Normalmente è presente del tessuto bianco sul quale è disegnata una stella a cinque punte, all’interno della quale si trovano le lettere alif, sad, mim e dal. Con il pugnale, in un rituale che ricorda molto da vicino quelli europei di magia cerimoniale, il fkih traccia un grande cerchio all’interno del quale sarà protetto dai demoni. Dopo una lunga meditazione e una preghiera, il mago prende un recipiente, sotterrato per sette giorni nei pressi del mausoleo di un marabutto, colmo d’acqua, e vi versa alcune gocce d’olio studiando la sua dispersione nel liquido con il quale, successivamente, tenta di far abbandonare il corpo dallo spirito.
Interessante e molto simile ai riti pagani prima ed alla magia medioevale poi.
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