Itinerari misteriosi a Roma: I luoghi di Iside

di Andrea Romanazzi

La città di Roma da sempre ha esercitato sull’Uomo un certo fascino, essa è il luogo ove arte, cultura e antiche tradizioni sono mescolate tra loro in un indivisibile connubio. La Capitale è, però,  una città “particolare” e misteriosa sotto diversi aspetti. Ci siamo già occupati di Roma con un Itinerario dedicato ai Fantasmi e alle anime inquiete 

Questo approfondimento vuole essere un breve itinerario sulle orme dei culti orientali come Mitra ed Iside

Il culto del dio nasce nel 1200 a.C. in Oriente dove diventa una delle maggiori divinità dello zoroastrismo. La diffusione del mitraismo nell’Impero si ha attorno al I secolo d.C. per raggiungere il suo apice tra il III e il IV secolo, quando diviene popolare soprattutto tra i soldati. Secondo la tradizione il dio Mitra sarebbe nato da una roccia  il 25 dicembre, Natalis Solis Invicti, con una chiara missione: salvare l’umanità e per far questo il dio doveva uccidere e spargere sulla terra il sangue dell’animale simbolo della vita, un toro. Il compito di Mitra era  tutt’altro che facile, si opponevano a questa sua impresa alcuni animali come  lo scorpione, il cane e il serpente, simboli del male, o meglio del “caos”. Il Dio riesce comunque ad uccidere il TORO,  dal cui sangue sparso sulla terra nacque la vite, dal midollo il grano e dal seme gli animali utili. La scelta degli animali che si contrappongono alla tauroctonia non è casuale infatti i riti erano celebrati soprattutto durante l’equinozio di primavera, proprio nel segno del “toro” e  la  costellazione opposta è guarda caso quella dello “scorpione”. Il centro del culto e il luogo di incontro dei seguaci era il mitreo, una cavità o caverna naturale adattata dal peculiare carattere ctonio. Quasi sempre avevano rappresentato nel loro interno la volta celeste e una serie di aperture, spesso undici, numero  ancora una volta non casuale  ma che rappresenterebbe il bene e il male e di cui 7 rappresenterebbero le costellazioni principali e 4 le stagioni. Tra le cerimonie di questo culto, all’adepto veniva prescritta una abluzione in vasche sacre, piuttosto simile al nostro battesimo, inoltre sembrerebbe che la parte più caratteristica del rituale fosse il banchetto finale in memoria del trionfo di Mitra, ove si consumavano pane, acqua e vino, “cibi” e “bevande” che ritroviamo anche nella cultura cristiana. Insomma, nel culto mitriaco troviamo i temi del “sacrificio” , dell’“ultima cena” e dell’“ascensione” cari al Cristianesimo.  I mitrei, così diversi dai grandi edifici templari dedicati alle divinità dei culti pubblici, si distinguevano anche per le loro dimensioni modeste. Il servizio di culto, che terminava in un banchetto comune, era officiato da una piccola comunità, solitamente formata da poche dozzine di persone. Nella Capitale i  mitrei più noti sono quello di santa Prisca, il mitreo del Circo Massimo, quello delle Terme di Caracalla, il Barberini ed infine quello di san Clemente, purtroppo l’unico visitabile. Ed ecco così la nostra prima metà romana, il mitreo della chiesa di San Clemente. Il sito di San Clemente è costituito da tre ambienti e un nugolo intricato di corridoi: un Triclinio, un pronao e un ambiente ove gli adepti imparavano le 7 verità prima di essere ammessi ai misteri veri e propri, luogo  facilmente osservabile proprio nell’ambiente della “scuola mitraica”, ove nelle pareti son scavate 7 nicchie con rappresentate appunto le 7 fasi attraverso cui il catecumento doveva passare prima di poter entrare nel pronao e nel triclinio. Ben visibile è la “tauroctonia” , un enorme serpente e infine i due dadofori, uno con la fiaccola abbassata e uno con la fiaccola alzata a simboleggiare rispettivamente il giorno e la notte, o meglio il primo Cautes, simbolo dell’attività solare fra il 21 dicembre e il 21 giugno; l’altro Cautopates rappresenta il sole nella fase calante. Questi, insieme alla stessa divinità, formano una triade inscindibile espressione della circolarità del culto solare. In una nicchia sul fondo è ancora visibile la statuina del dio. Nella discesa verso gli ambienti, si può ascoltare un sordo rumore di acqua, ed infatti nel livello inferiore della chiesa vi si trova una sorgente, elemento che farebbe ancor più pensare al legame tra il culto mitriaco legato alle stagioni e quello della dea madre. Poco conosciuto dal turismo di massa questo bellissimo mitreo fa respirare ancora l’aria di secoli di misteri.

Da Mitra ad Iside.

Arriviamo in piazza San Marco per seguire le orme della dea. I primi contatti con il mondo egizio, almeno ufficialmente, si ebbero in Italia proprio a Roma, dopo la conquista della valle del Nilo. I culti di origine egizia che più di altri attecchirono in Italia furono il culto di Serapide, che poi sarebbe Osiride associato al toro Api, e quello plurimillenario di Iside. Essa è spesso rappresentata con il volto bruno e con in grembo un bambino, Horus, il figlioletto, da questa iconografia Iside sarà, poi, confusa con la Madonna. Per incontrare l’Iside romana oggi nota come “madama Lucrezia”, andiamo in piazza san Marco dove è presente un busto caratterizzato dal mistico nodo sulla veste.

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Ancora appartenenti alla cultura egizia è il Piedone che appunto dà il nome alla via “piè di marmo” la figura cinocefala che ha dato il nome alla contigua Santo Stefano Del Cacco.

Sempre legata ad Iside è poi la bellissima chiesa di Santa Maria in Aracoeli. L’edificio, Costruito nel VI secolo,  rivestì una notevole importanza nella vita religiosa del medioevo, come testimonia la presenza nel suo interno di  una statua raffigurante il Bambino Gesù il cui legno, secondo la tradizione, proverrebbe da un ulivo dell’orto del Getsemani. La tradizione vuole che la chiesa sorgesse su di un tempio  pagano preesistente dedicato a Giunone, ma in realtà il sito dovrebbe essere molto più antico e forse dedicato a culti isidei come oggi quasi ci indicano i leoni bronzei di origine egizia presenti forse non casualmente all’inizio della scalinata.

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È comunque certo che in prossimità della chiesa sorgeva l’Auguraculum, un’area sacra in cui avevano luogo cerimonie importantissime connesse alla carica regia e all’attività degli àuguri che traevano gli auspici interpretando il volo degli uccelli. Secondo diversi studiosi la chiesa sarebbe stata fondata per iniziativa di Sant’Elena, la madre dell’Imperatore Costantino, ma è molto più probabile che essa sia stata costruita solo molto più tardi alla fine del VI secolo quando vi si insediò un monastero di rito greco per poi passare all’ordine Benedettino e da questo, nel 1250, a quello Francescano.

Sul Quirinale, invece, era presente un serapeo, un santuario dedicato ad Osiride ed Api, di cui rimangono solo le statue dedicate al dio Bes che si trovano accanto alla porta di villa Palombara.

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Per concludere il nostro viaggio tra i misteriosi culti isidei romani dobbiamo infine spostarci nella vicina piazza Navona. Sul nostro cammino per la piazza incontriamo il famosissimo Pantheon, attribuito per alcuni ad Agrippa, per altri all’imperatore Adriano. Proprio qui di fronte troviamo la chiesa di Santa Maria sopra Minerva, ancora una chiara allusione ad un’operazione sincretica di sovrapposizione di culti.

Nella  piazza antistante ecco un piccolo obelisco sorretto da un elefante, opera concepita dal Bernini, attratto proprio da questa cultura egizia nella capitale.

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Il grande artista fu infatti influenzato da una figura piuttosto singolare, uno dei primi ad occuparsi dei misteri egizi, il gesuita tedesco Kircher con la sua opera “Sphinx Mystagoga”. Lo scultore si lasciò  molto influenzare da queste nuove idee e sarà da questo insolito connubio che nascerà la splendida opera di piazza Navona, la fontana dei 4 fiumi. È qui che ritroviamo diverse conoscenze egizie, il Leone, per esempio, emblema solare e animale sacro ad Osiride, contrapposto all’Ippopotamo che esce dalle acque. Ebbene il significato etimologico dell’ippopotamo è “cavallo dei fiumi” il simbolo del malvagio Seth. La fontana dunque simboleggia l’eterno equilibrio egizio tra bene e  male, tra il leone e l’ippopotamo, tra Osiride e Seth.

Iside è così signora dei serpenti e l’ofide infatti ha una importante valenza nelle tradizioni esoteriche della città. Per introdurre il “culto del serpente” dobbiamo prima descrivere la figura di Asclepio o  Esculapio il cui culto è originario della Grecia, presente prima  ad Egina e poi ad  Epidauro. Nei templi dedicati alla divinità, i  malati usavano dormire ai piedi della statua del dio dopo esser stati sottoposti a cerimoniali molto suggestivi e impressionanti. Il malato durante la notte riceveva la “visita” della divinità che gli avrebbe suggerito i rimedi per debellare la malattia. Il culto della divinità si trasferisce dalla Grecia in Italia, e in particolare a Roma sull’isola tiberina. Il mito narra che per debellare la peste del 293 a.C. fu portato in città un serpente consacrato al dio dalla città di Epidauro. Appena la nave che lo trasportava raggiunse la foce del Tevere l’ofide, saltando dall’imbarcazione che lo trasportava, avrebbe ridisceso il Tevere fino all’isola scomparendo poi nel luogo dove fu costruito il nuovo tempio, inaugurato nel 289 a.C. Attorno al tempio, come ad Epidauro, dovevano sorgere dei portici destinati al ricovero dei fedeli e dei  malati, ed è certamente singolare che l’isola abbia continuato ad essere luogo di cura e sede di un ospedale attraverso il Medioevo fino ai nostri giorni. 

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