La Masca e il Mascone: approfondimento sulla Strega Piemontese

di Marco Angelo Fasciana

“La credenza che esistono esseri quali le streghe è parte cosi essenziale della fede cattolica  che il sostenere ostinatamente l’opinione opposta sa manifestamente di eresia.” (Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer Anno 1487)

“In realtà non ci sono state streghe, ma i terribili effetti della credenza nelle streghe sono stati  gli stessi quasi come se le streghe fossero realmente esistite.” (Friedrich Nietzsche Anno 1879)

Sono passati quattro secoli tra le due affermazioni. Nell’intervallo tra la prima e la seconda frase    e non è cambiato solo un intero mondo, quanto piuttosto si è trasformata la società umana, è nata una nuova sensibilità ed un diverso modo di guardare alla Storia e alla Filosofia.

Una questione molto antica, quella della Stregoneria, una storia vecchia quanto il Mondo,    coeva di quella realtà rurale che i nostri nonni conoscevano bene e che, in alcune pieghe del tempo, ancora attecchisce e sopravvive. Non potrà essere una narrazione lineare e nemmeno precisamente esaustiva, in quanto troppo è andato perduto nella tradizione orale, spesso poi basta allontanarsi  di pochi chilometri e le stesse tradizioni cambiano, assumono varianti differenti. Però farò il possibile per fornire tutti i dati necessari per accompagnarvi in questo viaggio  alla scoperta delle Masche e i Masconi (Mascoùn nel dialetto locale) Piemontesi. Queste figure, infatti, mettono in difficoltà coloro che sono scettici sulle conoscenze magico-popolari delle “Streghe” e degli “Stregoni” Italiani.

Il termine compare per la prima volta nell’Anno Domine 643 a.C. un passaggio all’interno dell’Editto di Rotari che recita più o meno così: “Si quis eam strigam, quod est Masca, clamaverit”. La leggenda vuole che l’etimologia nasca da una commistione tra la lingua dei celti e quella degli antichi liguri. Probabile, ma nessuno dei due popoli ha lasciato testimonianze scritte in proposito.
Esiste anche una seconda versione che vorrebbe come origine il vocabolo franco-provenzale “Mascar”, che indicava il gesto del pronunciare borbottando sinistri incantesimi. Secondo altri ancora, l’origine più corretta dovrebbe essere ricercata chiamando in causa i longobardi che utilizzavano il termine “Maskar” per definire tutte le entità soprannaturali  di cui la razza umana non può assolutamente fidarsi. Quale che sia la teoria giusta, la verità è andata perduta tra le pieghe del tempo. Però le Masche  e i Masconi hanno davvero fatto parte della cultura popolare piemontese. Attualmente, nel dialetto piemontese i termini Masca e Mascone fanno riferimento alla figura  della Strega e dello Stregone tuttavia non è del tutto esatto, nella tradizione magica questi individui avevano una conoscenza così legata alla natura da essere associati più ai Druidi. Infatti, possedevano una cultura superiore alla media, conoscevano l’arte della medicina, erano per questo conosciuti anche come guaritori: usavano le proprietà magiche delle erbe e le “parole di comando”  per servirsi di spiriti, elementi ed entità che il Cristianesimo marchiò come malefiche.  Le tracce di alcuni Masconi più famosi si perdono tra le spoglie di maestri, scrittori  ma paradossalmente anche frati, alti rappresentanti della Chiesa, e potenti personaggi ben insediati nella società. Essi, come le Masche, operavano maggiormente nelle ore notturne ed è descritto che potevano, a differenza delle donne, separare il proprio spirito dal corpo per poter raggiungere qualunque luogo o persona, lasciando, però, pericolosamente indifeso il corpo che veniva   per questo fatto “custodire” da un’entità amica. A differenza della tradizione celtica, non vi era  una vera e propria gerarchia di superiorità tra le Masche ed il Mascone.

Gli attrezzi più utilizzati erano gli stessi delle Masche: il gomitolo di lana, il bastone, il mestolo, le forbici, diversi coltelli usati per la raccolta delle erbe ed il più importante di tutti era il  Libèr dèl Cumànd  (il Libro del Comando). Il Mascone aveva inoltre uno strumento che di rado veniva utilizzato dalle Masche, la spada, che preferibilmente doveva forgiare egli stesso. Le leggende sul loro operato sono innumerevoli, alcune più colorite che si possono ascoltare ancora oggi nel Vercellese, Novarese, Valli di Lanzo e in moltissimi altri paesi Piemontesi.

La tradizione racconta come la maggior parte delle Masche fossero appartenenti al sesso femminile, più rari erano gli esempi in cui gli stregoni fossero uomini ed allora venivano definiti Mascoùn. Questi ultimi in genere venivano identificati in individui di grande cultura, in possesso di molti libri ed in grado di leggere in latino. Per fare un esempio, in alcuni paesi come Balme, ad un certo punto venne identificato nella figura del prete dell’epoca (un prete però che utilizzava le sue arti  per irretire le donne del posto). In altri casi si poteva anche trattare di un insegnante venuto da fuori. I motivi di questa identificazione erano presto detti: una volta preti ed insegnanti (molto spesso    le due figure si equivalevano) erano gli unici in grado di leggere o che possedessero qualche libro. E in un ambiente chiuso c’è sempre diffidenza nei confronti di chi viene da fuori o nei confronti della cultura. Ma teniamo presente l’elemento “libro”, perché ci torneremo sopra più avanti.
Ma per quanto riguarda le vere Masche e i veri Masconi?

L’iconografia classica descrive quasi sempre le Masche e i Mascoùn come anziani dall’aspetto cadente e ributtante, qualche volta però potevano essere raffigurati come ragazze e ragazzi  di una bellezza mozzafiato.

Primo particolare interessante: la Masca non era per forza una figura negativa, le leggende e la tradizione raccontano sia di streghe in grado di compiere atti  di generosità, sia di maghe semplicemente dispettose nei confronti degli esseri umani,  anche se ovviamente quelli che colpiscono maggiormente l’immaginazione sono i racconti  sulle Masche malvagie. Ad ogni modo, sia le Masche che i Masconi possedevano il potere  di “fare la fisica” cioè di esercitare la magia e il malcapitato che incorreva nei loro sortilegi  si diceva che venisse “ammascato”. Tutte le Masche e Mascoùn erano in grado di assumere diverse sembianze, sia di animali che di organismi vegetali. Molti studiosi ipotizzano che chi all’epoca veniva identificato come Strega o Stregone,   in realtà fossero solo persone ai margini della società, isolate dal resto delle comunità,  quasi con la funzione di catalizzatore, di vittime predestinate (di capro espiatorio, se vogliamo)  da incolpare per ogni avvenimento imprevisto. Insomma, un modo per giustificare con sé stessi l’arrivo di una carestia o di un alluvione improvviso oppure ancora la morte di un neonato   additando un colpevole tra i diversi e tra i non integrati. Persone reiette, magari anziane  sole che conoscevano le virtù medicinali delle varie erbe, oppure persone poco gradite da qualche vicino o magari ancora ragazze che avevano respinto le attenzioni di qualche spasimante  poco gradito che per vendetta le aveva calunniate.

IL LIBRO DEL COMANDO

Ogni Masca e Mascone ne possedeva uno. Ogni Masca e Mascone tendeva a consegnare  il proprio Libro del Comando in punto di morte all’erede scelto. Non sempre però questo avveniva, cosicché ancora oggi in Piemonte sentirete raccontare fiabe nere su Libri del Comando nascosti tra i boschi e le capanne in precedenza abitate dagli incantatori. E questo, a suo modo, aggiunge ulteriore fascino ad una storia già complessa di suo. Nel paese di Alba si ritiene “costituivano una specie di società segreta che traeva poteri e privilegi da un libro magico offerto da Belzebù a chi in cambio gli faceva dono dell’anima”.

la città di Alba

Riuscivano dunque a compiere prodigi perché conoscevano la cosiddetta “Fisica”, vale a dire un corpus   di pratiche “magiche” con cui si riteneva fosse possibile influenzare la realtà. Indispensabile per la messa in atto di certe pratiche proibite si riteneva essere questo ricettario  della magia nera, vale a dire un tomo di cui le Masche e i Masconi erano in possesso e che si vociferava essere stato dato loro dal Diavolo in persona. Sebbene la maggior parte degli studiosi ritenga che si trattasse semplicemente di una sorta      di agenda su cui gli adepti al culto segreto appuntavano formule e cerimonie, nondimeno la tradizione popolare ne parla come di un vero e proprio oggetto “sovrannaturale” .

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