La Masca il Mascone: La Tradizione Sciamanica Piemontese

di Marco Angelo Fasciana

La Tradizione Italiana varia da Regione a Regione e include figure femminili e anche maschili ma in questa sede passiamo ad analizzare l’ambito culturale della tradizione piemontese, le adepte al culto stregonesco vengono denominate con l’appellativo di Masca. La controparte maschile dello Stregone viene identificata come Mascone, o Mascoùn nel dialetto piemontese.


Il Piemonte è una terra antica, piena di vicende e tradizioni ancora non ben conosciute che affondano le loro radici nel passato dell’umanità. Dai megaliti alle feste, dalle tradizioni agli usi quotidiani, tutto si ricollega ad una storia ufficialmente scomparsa, ma invece ben viva e vitale. Le Masche sono una delle tradizioni piemontesi più radicate: non c’è paese, non c’è collina, montagna, borgata che non abbia la sua vicenda di Masche. Nei modi di dire piemontesi sono ancora piuttosto comuni frasi come “ho visto le Masche”, “far vedere le Masche”, “ci sono le Masche”. Magari a Torino le storie di Masche non si sentono più, ma basta uscire dalla grande città per trovarne una quantità impressionante. Andrea Romanazzi, nel libro “Guida alle streghe in Italia”, parla dei processi inquisitori in cui le streghe descrivono il proprio Dio alla maniera  di Pan e Cernunnos, non a caso l’autore lega questa figura all’“Homo Selvaticus”, figura che si ritrova anche nel folclore locale, dove questa tradizione, profondamente radicata nella cultura popolare, è diffusa in un’area che più o meno coincide con quella di influsso celtico.  Derivante da Divinità celtiche, forse assorbite nel pantheon romano, come Cernunnos, Pan, Silvano, l’Uomo Selvatico sarebbe stato dunque in compagnia, secondo Donato Bosca, della Grande Madre,   data la derivazione delle Masche con le sacerdotesse celtiche che lo scrittore suggerisce. Il termine compare per la prima volta nell’Anno Domine 643 a.C. un passaggio all’interno dell’Editto di Rotari che recita più o meno così: “Strigam, quam dicunt Mascam”   (Strega, che chiamano Masca). Ma il suo significato va ben oltre, come vedremo, alla semplice accezione utilizzata nell’Editto, assumendo all’occorrenza anche il significato di “spirito di  un morto” e “demone maligno”. Sebbene le testimonianze dell’era cristiana insistano particolarmente nel mettere in risalto i lati “sinistri” e “demoniaci” delle Masche, nondimeno  la tradizione popolare non le reputa del tutto malvagie: così come potevano maledire e avvelenare  le loro vittime, esse erano anche in grado di guarirle, sia grazie alla conoscenza della scienza erboristica sia mediante pratiche “magiche”, o noi diremo piuttosto “para-sciamaniche”. Donato Bosca, esperto dell’argomento, in “Masche. Voci luoghi e personaggi di un Piemonte Altro” riconosce nella figura della Masca certi caratteri dominanti, che riassume così:

– La Masca è prevalentemente una figura femminile;
– Opera quasi sempre di notte;
– Si incontra con altre Masche in luoghi lontani dai centri abitati;
– Abita ai limiti del paese;
– Può mutarsi in animali;
– È in grado di spostarsi in volo;
– Le sue vittime preferite sono maschili;
– Talvolta divora o sacrifica i neonati;
– Teme il sacro;
– È una profonda conoscitrice delle pratiche naturali.

Il fatto che la Masca sia una figura prevalentemente femminile non può assolutamente                       causare stupore alcuno: in tutte le tradizioni ascrivibili all’alveo della “stregoneria” sempre   si denota non solo una maggior presenza femminile dal punto di vista quantitativo, ma sempre  si pone l’accento sul fatto che l’ambito sapienziale-cultuale proprio della “stregoneria”    è per sua natura femminile. In alcune località, soprattutto tra la bassa Langa e l’Astesana,  accanto alle Masche esistono anche i Masconi , sia pure in numero esiguo. Questi hanno ricevuto  i poteri casualmente da una Masca in fin di vita, ma non lo possono trasmettere ad altri: ciò spiegherebbe perché appartengono al sesso femminile nella maggioranza dei casi.

La credenza che esistono esseri quali le streghe è parte cosi essenziale della fede cattolica   che il sostenere ostinatamente l’opinione opposta sa manifestamente di eresia.
Jacob Sprenger e Heinrich Institor Kramer (Anno 1487)

In realtà non ci sono state streghe, ma i terribili effetti della credenza nelle streghe   sono stati gli stessi quasi come se le streghe fossero realmente esistite.
Friedrich Nietzsche (Anno 1879)

Sono passati quattro secoli tra le due affermazioni. Nell’intervallo tra la prima e la seconda frase e non è cambiato solo un intero mondo, quanto piuttosto si è trasformata la società umana,    è nata una nuova sensibilità ed un diverso modo di guardare alla Storia e alla Filosofia.   La leggenda vuole che l’etimologia nasca da una commistione tra la lingua dei celti e quella degli antichi liguri. Probabile, ma nessuno dei due popoli ha lasciato testimonianze scritte in proposito.
Esiste anche una seconda versione che vorrebbe come origine il vocabolo franco-provenzale “Mascar”, che indicava il gesto del pronunciare borbottando sinistri incantesimi. Secondo alcuni   il termine avrebbe origine spagnola e deriverebbe dalla parola araba “Masakha”, cioè “trasformare in animale”. Secondo altri ancora, l’origine più corretta dovrebbe essere ricercata chiamando  in causa i longobardi che utilizzavano il termine “Maskar” per definire tutte le entità soprannaturali di cui la razza umana non può assolutamente fidarsi. Quale che sia la teoria giusta, la verità  è andata perduta però queste figure hanno davvero fatto parte della cultura popolare piemontese.   Nel dialetto locale i termini fanno riferimento alla figura della Strega e dello Stregone tuttavia  nella tradizione magica questi individui avevano una conoscenza così legata alla natura da essere associati più ai Druidi. Infatti, possedevano una cultura superiore alla media, conoscevano l’arte della medicina, erano per questo conosciuti anche come guaritori: usavano le proprietà magiche delle erbe e le “parole di comando” per servirsi di spiriti, elementi ed entità che il Cristianesimo marchiò come malefiche. In una Regione come il Piemonte, profondamente influenzata dalla cultura celtica e druidica, non devono stupirci credenze di questo tipo, legate ad una superstizione di stampo pagano che è riuscita a sopravvivere a secoli di cristianesimo, arrivando fino ai giorni nostri. Il collegamento con il celtismo emerge chiaramente anche in altri aspetti. Per esempio, i momenti di ritrovo delle Masche coincidono perfettamente con le feste celtiche, soprattutto con le celebrazioni dei Solstizi e degli Equinozi. Molte pietre sono collegate a storie di Masche o sono ritrovo di Masche e molte di esse hanno poteri curativi: il druidismo ha costruito i grandi templi di pietre erette e queste pietre esercitano ancora oggi la loro influenza benefica sulla salute di chi prende contatto con esse. C’è poi un chiaro legame tra le Masche e Madre Terra, Morrigan, la Grande Madre celtica: la Masca è quasi sempre raffigurata come una vecchia e la figura della vecchia si ritrova nei carnevali tradizionali proprio a ricordare l’unione con Madre Terra. Nel Druidismo si parla di due mondi che costituiscono la dimensione in cui ci troviamo: il “Nara” e la “Matchka”. Il Nara è la dimensione del visibile, la Matchka  la dimensione dell’invisibile, quella che ospita il mondo dei defunti ma ospita anche esseri che   la abitano specificamente; in effetti la parola Masca potrebbe derivare proprio da Matchka. Altro interessante parallelismo emerge tra le Masche ed un fenomeno studiato soprattutto nell’area friulana: i Benandanti. Dagli atti dei processi tenuti in Friuli tra la fine del ‘500 e la metà del ‘600 risultano molti casi di indagini condotte nei confronti di uomini e donne che si definivano “Benandanti”, persone che agivano per il bene di quanti si rivolgevano loro. I Benandanti, come le Masche,  escono dal corpo per viaggiare di notte sulle scope, partecipano alle processioni dei morti per acquisire capacità profetiche e visionarie e hanno il potere della guarigione. Soprattutto, i Benandanti si recavano quattro volte l’anno, durante le Quattro “Tempora” (i tre giorni canonici di digiuno prescritti dalla Chiesa quattro volte l’anno: ancora i Solstizi e gli Equinozi).  econdo la tradizione i poteri delle Masche comprendono l’immortalità ma non l’eterna giovinezza o la salute: sono quindi vulnerabili e soggette alle malattie e all’invecchiamento. Quando decidono di lasciare questa vita, per poter morire devono trasmettere i poteri ad un’altra creatura vivente, spesso è una giovane della famiglia, ma alcune volte può essere un animale o un vegetale. Le tracce di alcuni Masconi più famosi si perdono tra le spoglie di maestri, scrittori ma potevano essere anche frati, alti rappresentanti della Chiesa, e potenti personaggi ben insediati nella società. Essi, come le Masche, operavano maggiormente nelle ore notturne ed è descritto che potevano, come per le donne, separare il proprio spirito dal corpo per poter raggiungere qualunque luogo o persona, lasciando, però, pericolosamente indifeso il corpo che veniva per questo fatto “custodire” da un’entità amica. Come nella tradizione celtica, non vi era una vera e propria gerarchia  di superiorità tra le Masche e i Masconi. Gli attrezzi più utilizzati da entrambi erano: il gomitolo (müscel), il bastone, il mestolo (casül), le forbici, diversi coltelli usati per la raccolta delle erbe ed il più importante  di tutti era il Libèr dèl Cumànd (il Libro del Comando). Il Mascone aveva   inoltre, a differenza delle Masche, la spada, che preferibilmente doveva forgiare egli stesso.   Le leggende sul loro operato sono innumerevoli, alcune più colorite che si possono ascoltare ancora oggi nel Vercellese, Novarese, Valli di Lanzo e in moltissimi altri paesi Piemontesi.   Di indole raramente malvagia ma sempre capricciosa, dispettosa e vendicativa; possono essere anche benefiche,guarire malattie o ferite tanto alle persone quanto agli animali, o salvare vite   in pericolo. Molti studiosi ipotizzano che chi all’epoca veniva identificato come Strega o Stregone,  in realtà fossero solo persone ai margini della società, isolate dal resto delle comunità, quasi con la funzione di catalizzatore, di vittime predestinate (di capro espiatorio, se vogliamo) da incolpare per ogni avvenimento imprevisto. Insomma, un modo per giustificare con sé stessi l’arrivo di una carestia o di un alluvione improvviso oppure ancora la morte di un neonato additando un colpevole tra i diversi e tra i non integrati. Persone reiette, magari anziane sole che conoscevano le virtù medicinali delle varie erbe, oppure persone poco gradite da qualche vicino o magari ancora ragazze che avevano respinto le attenzioni di qualche spasimante poco gradito che per vendetta  le aveva calunniate. Minoritarie rispetto a quelle “domestiche”, si racconta l’esistenza anche di Masche “sovrannaturali”, spiriti antichi della Natura e dei boschi che sfuggono l’umano consesso per quanto loro possibile, e che diventano spietate quando disturbate nella quiete del loro habitat consueto. Questo tipo di Masche, pur essendo incorporeo, assume gli aspetti più svariati quando deve rapportarsi agli uomini: o donna vecchia e brutta, o, per contro, giovane bellissima, o animale selvatico etc. Rispetto alle Masche “domestiche” hanno un potere più grande nel controllo  del clima: possono dominare gli elementi e scatenare bufere, grandinate, temporali, nebbie o siccità prolungate. Donato Bosca racconta di un prete che usava, a messa iniziata, far mettere nell’acquasantiera dei centesimi con la croce: “Succedeva che alla fine della messa un certo numero di donne restavano ferme nei banchi, come se non potessero più muoversi, come se fossero paralizzate. Segno che erano Masche e che la moneta con la croce le aveva imprigionate.” tuttavia  si racconta che alcune Masche non sono condizionate, intimorite o controllate dall’elemento religioso; infatti, le Masche “domestiche” frequentano la chiesa, vanno a messa e ricevono i sacramenti come tutte le altre donne della comunità. Come detto la Masca è dunque  una donna con poteri soprannaturali, che vengono tramandati di generazione in generazione. Spesso anziane che vivono ai margini della comunità, isolate in qualche baita o casolare,  ma comunque in essa integrate (frequentano le funzioni religiose e partecipano alla vita sociale).

Possono trasformarsi in altri esseri e in avvenenti fanciulle, capaci di irretire malcapitati giovani; tuttavia, la Masca non è immortale: prima di morire, i poteri devono essere trasmessi ad un’altra ragazza, e così via. Per passare il proprio potere prima della morte, bastava che la figlia o nipote della Masca entrasse in possesso dell’oggetto o, più semplicemente, che fosse toccata dalla parente moribonda. La tradizione racconta come la maggior parte delle Masche fossero appartenenti al sesso femminile, più rari erano gli esempi in cui gli stregoni fossero uomini ed allora venivano definiti Mascoùn. Questi ultimi in genere venivano identificati in individui di grande cultura, in possesso di molti libri ed in grado di leggere in latino. Per fare un esempio, in alcuni paesi come Balme, ad un certo punto venne identificato nella figura del prete dell’epoca (un prete però che utilizzava le sue arti per irretire le donne del posto). In altri casi si poteva anche trattare di un insegnante venuto da fuori. I motivi di questa identificazione erano presto detti: una volta preti ed insegnanti (molto spesso le due figure si equivalevano) erano gli unici in grado di leggere o   che possedessero qualche libro. E in un ambiente chiuso c’è sempre diffidenza nei confronti   di chi viene da fuori o nei confronti della cultura. Ma teniamo presente l’elemento “libro”,    perché ci torneremo sopra più avanti. L’iconografia classica descrive quasi sempre le Masche e   i Mascoùn come anziani dall’aspetto cadente e ributtante, qualche volta però potevano essere raffigurati come ragazze e ragazzi di una bellezza mozzafiato. Primo particolare interessante: la Masca non era per forza una figura negativa, le leggende e la tradizione raccontano che erano   in grado di compiere atti di generosità, quanto essere semplicemente dispettose nei confronti  degli esseri umani, anche se ovviamente quelli che colpiscono maggiormente l’immaginazione   sono i racconti sulle Masche viste come figure negative. Ad ogni modo, sia le Masche   che i Masconi possedevano il potere di “fare la fisica” cioè di esercitare la magia e il malcapitato   che incorreva nei loro sortilegi si diceva che venisse “ammascato”. Tutte le Masche e Mascoùn erano in grado di assumere diverse sembianze, sia di animali che di organismi vegetali. Molti sbrigano le storie di Masche come semplici superstizioni dovute all’ignoranza della gente che ha dato un nome a tutto ciò che non riusciva a spiegare. Può darsi, ma è curioso come qualcosa privo di consistenza reale abbia potuto lasciare tracce così imponenti nel territorio piemontese: a Caselette, sulle pendici del Monte Musinè, c’è il Pian d’le Masche; in Valle di Susa troviamo Pian Balour (dove si svolgeva il Ballo delle Masche) come pure a Boves, in provincia di Cuneo. Sempre in Valle di Susa, in borgata Cresto presso Sant’Antonino, si trova la “Pera d’le Faje” (Pietra delle Fate) e a Pianezza il “Bal d’le Masche” (un grande masso erratico); a Costigliole d’Asti c’è Bricco Lù (o Bric d’la Lù), luogo di ritrovo di Masche. In tutte le zone del Piemonte, c’erano alcuni comportamenti da tenere per evitare di cadere vittime dei malefici della Masca. Tra le più conosciute sicuramente l’usanza  di non lasciare appesi, dopo il tramonto, i vestiti di un bambino ad asciugare, perché le Masche notturne vi avrebbero sicuramente fatto qualche sortilegio facendolo poi crescere deforme o guercio (vi avrebbero, secondo il dialetto,“travajà”).

L’unica cosa certa è che tutti questi poteri (più o meno presunti) non potevano portare a nulla   di buono: anche in Piemonte, al tempo dell’Inquisizione, molte furono le Masche mandate al rogo come Streghe, al termine di processi decisamente sommari. Rivara, Levone, Pollenzo, la Val Sesia e la Val Soana sono solo alcuni dei luoghi in cui ci furono processi e roghi per giustiziare                    presunte Masche, fino alla fine dell’800. Nel 1292 viene processata la prima strega piemontese,nel 1320 assistiamo al primo rogo a Cumina (TO), l’ultima viene uccisa nel 1828 in Val Sesia.  Una data molto recente e molto al di fuori delle grandi ondate europee e americane contro la stregoneria, un dato drammaticamente curioso che testimonia come le antiche tradizioni di derivazione celtica fossero forti in Piemonte. Una larga documentazione sulle persecuzioni contro le streghe piemontesi ci è arrivata grazie alle relazioni ecclesiastiche che, con l’obiettivo  di combatterle, hanno tramandato molte informazioni in merito. Uno dei motivi per cui erano principalmente accusate le donne di stregonerie era perché la conoscenza delle pratiche naturali   (e in special modo delle piante, usate ora come rimedio ora come veleno, secondo la migliore tradizione sciamanica) essendo inseparabile da un corpus di conoscenze che nei tempi arcaici spettava di diritto al consesso femminile (probabilmente anche nell’ambito di confraternite iniziatiche), come appunto quello medico e ostetrico. Da cui, il gran numero di guaritrici ancora attive nel XX secolo in numerose aree rurali d’Italia. Non è da escludere anzi che tali pratiche possano aver conosciuto una diffusione massima in un’epoca proto-storica, probabilmente neolitica, ad ogni modo precedente l’arrivo dei popoli indoeuropei da Oriente: un’epoca che, riprendendo  gli studi di Johann Jakob Bachofen, sarebbe stata plasmata per così dire “matriarcale”, “selenico-ctonio”, in contrasto dei conquistatori indoeuropei, la cui cultura “patriarcale” si fondava su un sentimento religioso di tipo “solare” e “verticale”, volto più agli Dei uranici che a quelli terrestri e ctoni. Detto questo, è naturale che alla suddetta posizione della Masca corrispondano determinate conseguenze di natura pratica, come il fatto di abitare ai limiti del paese (caratteristica che la “Strega” condivide da sempre con altri personaggi “di confine” come lo Sciamano, il fabbro e, nel folklore, l’Uomo Selvatico), o di operare quasi sempre di notte (d’altronde l’ambito cultuale “stregonesco” è da ritenersi fondato sulla conoscenza delle fasi lunari, l’adorazione per divinità seleniche quali Diana ed Ecate essendo inequivocabile in questo senso), o ancora di incontrarsi  con altri membri in luoghi lontani dai centri abitati, spesso luoghi “fatati” come alberi di noce, collinette connesse al mondo delle Fate, boschi sacri sin dai tempi del paganesimo più arcaico.  In Piemonte, queste figure non hanno soltanto influenzato i racconti degli anziani nelle veglie d’inverno nelle stalle e attorno ai falò estivi. Ancora oggi alcuni accadimenti (la caduta improvvisa di un oggetto, ad esempio) e detti popolari rimandano ad un passato in cui la figura della Masca  era al centro della superstizione collettiva. Persino ai giorni nostri, nelle campagne e montagne piemontesi si evita di dare la mano ad una donna anziana quando è da sola, per paura  che possa essere una Masca in fin di vita in attesa di passare i propri poteri. Moltissime sono  le storie di Masche: alcune piuttosto famose, altre nascoste nella memoria di tante persone.  Non si può non ricordare la più conosciuta Masca del Roero, la Masca Micilina, una donna accusata di stregoneria e bruciata sul rogo nel 1544. Micilina, al secolo Micaela Angiolina Damasius,  era una donna mal maritata: il marito la picchiava e lei temeva le sue ire. Un giorno, tornando dai campi preoccupata delle sue reazioni, incontrò un elegante signore che le promise che non si sarebbe mai più dovuta preoccupare del coniuge. Micilina a casa lo trovò morto: da qui  la fama di Masca, pericolosa e cattiva, fino al processo e al rogo. Ancora oggi a Pocapaglia  si possono vedere le Rocche, il luogo dove venne bruciata. E cosa dire della vicenda della Regina Giovanna d’Angiò, provenendo dal Regno di Napoli, si stabilì nei pressi di Boves (CN).  Aveva fama di stregoneria e la gente del luogo voleva liberarsene, ritenendola responsabile   di siccità e malattie. Lei, per andarsene, chiese che le fosse consegnato un paio di scarpe  dai ciabattini del paese, ma nessun paio confezionato, per bellissimo che fosse, le andava bene. Alla fine i ciabattini si misero d’accordo con una serva che cosparse di farina il pavimento ai piedi del letto di Giovanna e così poterono avere le impronte dei piedi della Regina: Giovanna aveva  i piedi di gallina, così i ciabattini poterono farle le scarpe giuste e lei se ne dovette andare. Come accennato in precedenza, le Masche e i Masconi disponevano del Libro del Comando, un testo infernale zeppo di formule e incantesimi che rafforza i loro poteri e che consente, a seconda del verso di lettura, di leggere il passato e predire il futuro. Come spesso accaduto   nella Storia, in un’epoca di scarsa alfabetizzazione e superstizione, il semplice possesso di un libro diventava simbolo di sospetto verso il proprietario capace di leggerlo. Ogni Masca e Mascone  lo possedeva. Ogni Masca e Mascone tendeva a consegnare il proprio Libro del Comando  in punto di morte all’erede scelto. Non sempre però questo avveniva, cosicché ancora oggi   si raccontano fiabe su Libri del Comando nascosti tra i boschi e le capanne in precedenza   abitate dagli incantatori. E questo, a suo modo, aggiunge ulteriore fascino ad una storia  già complessa di suo. Per Giuseppe Viola, un personaggio anacronistico intervistato da Bosca, residente non lontano da Alba: “Le Masche costituivano una specie di società segreta che traeva poteri e privilegi da un libro magico offerto da Belzebù a chi in cambio gli faceva dono dell’anima.” Nella sua testimonianza accennava a simboli e rituali magici, con richiami ad   un mondo arcaico. Una specie di remota epoca pagana precristiana nella quale le divinità   pagane dominavano incontrastate boschi, colli, fondovalli e saliscendi di Langhe e Roero.  Dunque secondo la testimonianza del già citato Viola e di molti altri, riuscivano a compiere  prodigi perché conoscevano le “regole del Gioco”, la cosiddetta “Fisica”, mediante il Libro  del Comando disponevano di un corpus di pratiche “magiche” con cui si riteneva fosse possibile   influenzare la realtà. Indispensabile per la messa in atto di certe pratiche proibite si riteneva  essere questo ricettario della magia nera, vale a dire un tomo di cui le Masche e i Masconi  erano in possesso e che si vociferava essere stato dato loro dal Diavolo in persona.  A questo riguardo, probabilmente non è un caso se la divinità femminile del Sabba viene  sovente denominata, nei documenti processuali dell’Inquisizione nell’Italia settentrionale, “Signora del Gioco” (Domina Ludi). Da parte sua, Bosca definisce questa “Fisica” come:    “una sorta di energia psicocinetica che consentiva di plagiare le persone con poca forza   di carattere” ma precisa che, riferita alle Masche, “indicava uno stato di ipnosi che permetteva   di staccarsi dalla realtà e di accedere ad altri mondi.” Sebbene la maggior parte  degli studiosi ritenga che si trattasse semplicemente di una sorta di agenda su cui gli adepti  al culto segreto appuntavano formule e cerimonie, nondimeno la tradizione popolare ne parla come di un vero e proprio oggetto “sovrannaturale”.

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