di Andrea Romanazzi
La stregoneria italiana non può prescindere dall’Amuleto. Vi è una netta differenza tra gli amuleti, dal latino amoliri, “allontanare”, e i talismani, dalla parola greca telesma, cioè “oggetto consacrato”. È già l’etimologia a marcare la differenza tra i due tipi di difesa magica. Se infatti l’amuleto è un oggetto sacro di per sé, poiché la natura stessa vi infonde le particolari virtù di cui è dotato, il talismano è invece creato dall’uomo ed è il Mago che gli trasmette le proprietà specifiche. È quindi un oggetto “evoluto”, composto artificialmente da chi ha già una coscienza magica, spesso elemento grafico e solo a volte realizzato con metalli preziosi. Parlare della storia della talismanica sarebbe troppo dispersivo, trattandosi di una forma magica nata ben lontano da quel mondo popolare sul quale ho deciso di indagare in questa sede. Molto più interessante è invece soffermarsi sull’amuletistica tradizionale diffusa nella medicina e nella credenza popolare. Nel nostro excursus sulle tradizioni magico-popolari ci siamo già imbattuti in questi oggetti dalle strane e divine virtù.
L’idea del potere sopra-naturale dell’amuleto affonda le proprie radici nella primordiale religione dell’Antico: il feticismo. Questo termine deriverebbe dalla parola “feticcio”, con la quale i primi esploratori portoghesi designarono gli oggetti magici o incantati delle popolazioni tribali, che vi attribuivano particolari poteri e capacità di influenzare non solo la vita degli animali e dell’uomo, ma anche i sentimenti e le passioni. In realtà si potrebbero distinguere due tipi di feticismo: uno “primitivo” e uno “derivato”. Per l’Antico questa fenomenologia era l’unica manifestazione di carattere religioso e il feticcio rappresentava esso stesso un’entità sacra, essendo l’incarnazione di un’unica e precisa divinità, voluta dalla volontà del feticista, venerata da uno o da pochi e indipendente da qualunque altra divinità raffigurata da altri feticci. Il fedele era così sacerdote di se stesso e realizzatore del proprio feticcio. Questo poteva essere abbandonato e sostituito con un altro, quando non corrispondeva più alle aspettative e ai desideri del suo proprietario, senza che ci si curasse più della sua sorte. Nel feticismo derivato, cioè il feticismo che si sviluppa e nasce in quelle che potremmo definire, per far chiarezza, “religioni evolute”, i feticci sono solo manifestazioni parziali e secondarie dell’entità superiore venerata. Così, a differenza del feticismo primitivo, la divinità principale può trovarsi contemporaneamente in più feticci congeneri. Questi possono essere venerati da una gran moltitudine di persone che però, a differenza del fedele dell’Antico, subisce il culto ed è sottoposta a una gerarchia di sacerdoti. A differenza del feticismo primitivo il fedele potrà abbandonare il feticcio nel quale non ripone più la sua fiducia, ma non abbandonerà mai il proprio dio. Dunque, se la prima forma di feticismo è individuale e tutt’al più familiare, la seconda è una più complessa forma di culto collettiva. Quando l’uomo inizia a immaginare un’entità “disincarnata”, che non è prigioniera della materia ma che può esistere nel suo “di fuori”, allora si verifica il passaggio dal feticismo al totemismo. Con l’avvento del Cristianesimo l’utilizzo degli amuleti fu vietato ma mai sconfitto. Papa Martino I, nel I Concilio Lateranense del 649, condannò l’uso di tali oggetti, condanna che rimase inevasa. Martin del Rio, nel suo “Disquisizioni Magiche” descrisse e condannò la loro utilizzazione. In realtà gli amuleti ancora oggi costituiscono un elemento importantissimo della magia e stregoneria popolare.
Le tipologie di amuleti
Non è facile dare una vera e propria classificazione degli amuleti. Una prima e semplicistica suddivisione potrebbe ricollegarsi alla loro efficacia e alle virtù attribuitevi.
Potremmo così suddividere gli amuleti in quattro classi o gruppi:
– amuleti atti a impedire o ad allontanare la manifestazione di particolari fenomeni naturali e a proteggere persone, cose o animali;
– amuleti dalla virtù preventiva e curativa di alcune malattie;
– amuleti protettivi contro i malefici indotti da streghe, demoni o altre entità nefaste;
– amuleti utilizzati per favorire e propiziare la sorte in generale.
In realtà le “classificazioni” potrebbero essere molte altre, potrebbero, ad esempio, essere suddivisi ancora a seconda che le loro virtù siano naturalmente acquisite o infuse successivamente mediante rituali. In questo modo, nella seconda categoria rientrerebbero tutti quegli oggetti che non sono amuleti per loro natura, ma lo sono diventati per contatto con altri oggetti sacri e ne hanno acquisito le stesse virtù. Ricadono tra gli amuleti anche oggetti ispirati a concetti religiosi, come effigie e medagliette di particolari santi, ad esempio la medaglia di san Donato, ma anche le reliquie cristiane ex ossibus, derivanti dalle ossa di personaggi sacri, o a quelle associate alle vesti dei santi e suddivise rispettivamente in prima e seconda classe. Ebbene, secondo il rito cristiano, diventerebbero reliquie di terza classe quegli oggetti che vengono a contatto con oggetti appartenenti alle altre classi. Spesso il potere dell’amuleto proviene dai principi magici del “simile” o del “contrario”, come la corda dell’impiccato, il teschio, il 13 etc… Principalmente, comunque, il loro potere rientra in classi magiche ben definite. Un esempio è la “magia delle punte” a cui possiamo ascrivere molteplici amuleti come, ad esempio, il corno napoletano, ma anche le forbici, i chiodi, le mani che fanno le corna etc… Ciò che accomuna questi oggetti è la “punta”, che diventa strumento di difesa ma al contempo retaggio della ben più antica magia del chiodo sulla quale non possiamo dilungarci ma che meriterebbe un approfondimento a sé. Molti amuleti hanno invece forma animale, rana, lucertola, pesce, spesso legati al concetto del similia similibus, ovvero l’utilizzo dell’agente del male per scacciare lo stesso. Da qui la rappresentazione di animali spesso connessi con le capacità magiche delle streghe. Particolare amuleto è la “pietra del rospo” o lapis bufonis, piccoli ciottoli levigati raccolti in stagni molto popolati da rospi. A metà strada tra le due tipologie descritte sono gli organi di animale, in particolare unghie e denti, che si rifanno sia alla magia della punta che a quella del potere animale. A Roma, sulle porte delle case era usanza apporre un dente di lupo, in Abruzzo denti di cane proteggevano dai morsi di animali rabbiosi. La magia dei metalli è un altro importante aspetto dell’amuletistica. In particolare gli amuleti erano spesso di oro, dotato di particolari virtù curatrici e profilattiche. Il piombo, invece, era utilizzato per le malattie intestinali. Il “ferro di cavallo”, racchiude in sé tutte e tra le tipologie profilattiche descritte. Tale amuleto ricorda nella forma la “corona di imposizione” e dunque il concetto del simile che attira il simile, è realizzata con il ferro, materiale che “attrae a sé” la negatività, ed è legata ad un animale fortemente venerato per la sua utilità. Stessa cosa dicasi per la chiave, amuleto utile contro il malocchio e usato per guarire l’epilessia. In Abruzzo le chiavi “magiche” sarebbero forgiate da antiche campane in disuso nel giorno del Sabato Santo. Alla magia della conta, invece, sono ascrivibili amuleti come i ciuffi di pelo di tasso, sacchetti con il grano, scope di saggina e residui di ferro. La tradizione vuole, infatti, che, prima di entrare in una casa o lanciare i loro malefici, le streghe fossero obbligate a contare e, non sapendolo fare, perderebbero tutto il tempo notturno a loro disposizione. Non mancano le erbe a scopo amuletistico. Un esempio è la ruta, considerata dai romani protettrice fa stregonerie e fatture. Un breve inciso sulla “Cimaruta” si tratta di un amuleto costituito da un ramo di ruta alle cui parti terminali ci sono in diversi piccoli amuleti apotropaici. L’autore Robert Theodore Gunther pubblica nel 1905 su “Folklore Quarterly Review” un lungo articolo dove parla della Cimaruta come amuleto pagano italiano, collegandolo a Diana. Il tema viene ripreso da Doreen Valiente in ABC of Witchcraft e, successivamente, da Raven Grimassi che, nel suo libro The Cimaruta: And Other Magical Charms From Old Italy, parla del fascino come segno di appartenenza alla “Società di Diana” a cui si riferisce come organizzazione di streghe. Foglie di ulivo, foglie di potentilla, detta anche erba delle cinque foglie, legno strigonio, nonché le erbe che crescevano spontaneamente sotto il ramo o il patibolo di impiccagione sono elementi essenziali dei “brevi”, sacchetti realizzati in stoffe di vario colore, spesso a forma di cuore o di triangolo, contenenti, appunto, oggetti religiosi o con poteri amuletistici, che dovevano essere portati sempre indosso. Molti amuleti, poi, sono legati al colore “rosso”, colore protettivo da malocchio e stregonerie già ai tempi di Aristofane che lo cita nel suo “Pluto”. Il rimando è sicuramente al sangue, fonte di vita, ed in particolare a quello mestruale. Nastri, fiocchi, bracciali, corni, ne sono esempi. La magia profilattica del suono la ritroviamo nelle campanelle. In realtà le campane ripropongono molteplici significati, da quello del metallo al simbolismo sessuale della vulva e del batacchio che raffigurano, nel loro insieme, l’unione dell’elemento maschile e femminile. Il loro suono terrebbe lontano la negatività e gli spiriti maligni.
L’excursus appena terminato ben chiarisce le differenti casistiche degli amuleti tradizionali italiani. Un modo alternativo per differenziare uno specifico tipo di amuleto deriva dall’osservazione, in alcuni oggetti, di tratti distintivi che normalmente non si riscontrano in natura. Pensiamo ad esempio al quadrifoglio o al guscio della noce trilobata. All’occhio dell’antico l’anomalia non era casuale, ma indice di qualcosa di “mostruoso”, nel senso latino del termine. Solitamente egli riteneva che questi oggetti fossero in grado di assicurare una buona sorte. Anche nel caso di “amuleti cristiani”, dei quali ci è già capitato di parlare, si riscontrano frammenti di superstizioni di origine pagana, assorbiti dal Cristianesimo attraverso un’operazione sincretica perché troppo difficili da sradicare dalla mentalità dell’uomo di campagna.