di Andrea Romanazzi
Il fenomeno della “stregoneria” affonda le sue radici in un lontano passato quando l’uomo e la donna vivevano nell’immanenza della Grande Dea dai mille nomi, “ Inde primigenii Phryges Pessinuntiam deum matrem, hinc autocthones Attici Cecropiam Minervam, illinc fluctuantes Cyprii Paphiam Venerem, Cretes sagittiferi Dictynnam Dianam, Siculi trilingues Stygiam Proserpinam, Eleusinii vetustam deam Cererem, Iunonem alii, Bellonam alii, Hecatam isti, Rhamnusiam illi, et qui nascentis dei Solis inchoantibus inlustrantur radiis Aethiopes utrique priscaque doctrina pollentes Aegyptii caerimoniis me propriis percolentes appellant vero nomine reginam Isidem” e successivamente Diana Paganorum.
Caratteristiche dei rituali a lei dedicati sono le celebrazioni che si svolgevano in luoghi a lei da sempre consacrati come fonti e pietre alle quali si associavano una serie di pratiche apotropaiche per propiziare la fertilità e la procreazione e che sfociavano in veri e propri aiuti al parto da parte di queste, lentamente mutando nel tempo, perdendo la loro antica origine religiosa ma conservando il concetto in essa racchiuso. In questa ottica vedremo le “streghe” come ciò che resta delle antiche sacerdotesse e vestali della dea, donne legate ad antichi rituali, tramandati dalle madri alle figlie da tempo immemorabile, in una evoluzione che pian piano, da depositaria di una antica religione, di un culto primitivo di fertilità sopravvissuto nell’Europa medievale e fondato sull’adorazione di due divinità, la Grande Madre e il suo compagno il Dio, trasformerà la donna in maga e guaritrice di campagna, dimenticando il substrato religioso di provenienza ma continuando ad agire nel suo interno, nella natura.
Il legame con l’antica religione lo troviamo già nell’etimologia del nome, il termine “strega” deriva infatti dall’ uccello strix, animale notturno immaginato dai latini, simile ad un gufo, che Plinio ci descrive con la testa grossa, gli occhi fissi, il becco e gli artigli da rapace e le penne chiare. Secondo la tradizione, penetrava nelle case per cibarsi del sangue dei bambini o per allattarli e in tal modo avvelenarli. E’ da questo animale che nasce il successivo termine striges e dunque strega. La Grande dea alata e successivamente le Erinni, le Arpie, le Valkirie, sono così archetipo delle streghe e fattucchiere medievali che, ben lungi dal rappresentare il male, sono solo uno dei molteplici aspetti della divinità primigenia, quello della morte, non vista con una concezione negativistica del termine ma come rinnovamento attraverso il quale potrà giungere la nuova vita e la resurrezione.
In Germania il nome tedesco, Hexe, deriva da aix, e cioè capra, animale non scelto a caso ma da sempre legato ai culti pagani, infatti queste errano nei boschi rosicchiando le cortecce degli alberi danneggiandoli notevolmente. Nell’immaginario popolare e primitivo solo la divinità della vegetazione può danneggiare o nutrirsi di se stesso e così quando questa non è più immanente si concretizza e si concepisce come padrona di se stessa. Così le sacerdotesse di Diana erano solite vestirsi con pelli di capra e lo stesso le Baccanti durante i loro riti orgiastici ballando nude solo coperte dal vello dell’animale.
Con l’avvento del Cristianesimo queste strane figure, dedite a rituali di fertilità ed accoppiamento furono associate a Satana che proprio in questo periodo iniziava ad assumere le sembianze del tipico satiro, come ben dimostrano i cinque caratteri iconografici del diavolo come, le corna, gli zoccoli, la coda, le orecchie e la parte “caprina” del corpo.
– LA CACCIA ALLE STREGHE: DONNE TRA ERESIA E STREGONERIA
L’atteggiamento iniziale della Chiesa nei confronti della stregoneria è quello di considerare queste credenze come il frutto di stupide superstizioni pagane, sogni ispirati da Satana che interessavano le donne di basso ceto.
Nel 452 il concilio di Nicea condannò ufficialmente il culto delle pietre, ma questo non bastò per cancellare pratiche religiose ben radicate tra le popolazioni, successivamente nel 789 il Concilio di Tours proibì nuovamente qualunque rituale legato ai culti naturali, ma anche queste norme rimasero disattese infatti ancora nel X secolo Attone di Vercelli e Raterio di Verona denunciano credenze superstiziose e pratiche di medicina popolare.
E’ nel XI secolo che troviamo il primo testo importante che affronta il fenomeno della stregoneria: il Canon Episcopi, qui si parla per la prima volta della società di Diana, donne ingannate dal diavolo e dunque accusate proprio per la loro credulità, lo stesso testo dice “…Chi può essere tanto sciocco o ottuso da credere che tutte queste cose che accadono solo nello spirito avvengano anche nel corpo?…”. Le punizioni previste erano comunque molto blande, da 40 giorni ad un anno di carcere o solo alcune penitenze come testimonia lo stesso teso “…I vescovi e i loro ministri facciano in modo di applicarsi con tutte le loro energie per sradicare interamente dalle loro parrocchie la pratica perniciosa inventata dal diavolo; e se trovassero uomini o donne che si dedicano a tali scelleratezze li caccino dalle parrocchie perché si tratta di gente turpe e disonesta…“. Almeno fino ai primi del 1300 l’atteggiamento della Chiesa è dunque molto tollerante anche se nel 1233, con la Bolla Vox in Rama, Papa Gregorio IX incomincia a porre sempre maggiore attenzione al fenomeno, e tra il 1280 e il 1300 diverse donne vennero infatti accusate e processate non però con l’accusa di stregoneria ma di eresia.
Sono però gli eventi ad imprimere una accelerata alla caccia all’untore, da una parte le carestie del 1315-17, le epidemie di Peste nera del 1347-50, e anche più semplicemente gelosie o inimicizie da sempre presenti nelle comunità, dall’altra il più dilagante fenomeno dell’eresia fan diventare la maliarda capro espiatorio di alluvioni, siccità e di qualunque evento dannoso colpiva la comunità, erano questo i segni che in essa si annidava la serpe del diavolo: la strega. E’ in questo momento che si affaccia l’ immagine ancora sconosciuta e in via di elaborazione delle seguaci del demonio, le donne che succhiamo il sangue ai bambini, che si nutrono delle loro carni che sacrificano a Satana, un tema che, affondando le sua radici nel paganesimo romano, deriva probabilmente anche dal fatto che queste guaritrici erano spesso ostretiche e dunque le morti dei neonati erano attribuibili ad aborti o subito dopo la nascita e dopo il parto.
In realtà, però, dall’inizio del XIV alla fine del XV secolo, non si ha mai una vera e propria persecuzione, essa è più che altro un fatto episodico e localizzato che però inizia a gettare le basi per nuove e successive trasformazioni: fra il 1320 e il 1486 solo 46 furono i processi istruiti dall’Inquisizione.
E’ da questi primi processi che inizia ad apparire, però, il nuovo stereotipo della strega caratterizzato dall’omaggio a Satana, dalle “tregenda”, gli incontri segreti poi chiamati sabba, la caratteristica del volo notturno, del cannibalismo infanticida e le trasformazione in animali.
“in queste notturne adunanze si canta, si balla, si danno in preda alle più vergognose dissolutezze, si mettono a tavola, si banchetta, ma su la mensa non si trova ne coltello, né sale, né oglio”
“Quando sono la prima volta ammessi al congresso il demonio scrive sul suo registro il loro nome e cognome e lo fa da essi sottoscrivere, poscia li obbliga a rinnegare il battesimo…egli imprime su qualche parte del loro corpo con l’ugne del dito mignolo un certo segno il qual impronto o carattere rende insensibile la parte”
E’ in questo momento che la magia viene pian piano equiparata all’eresia, il legame fra le antiche credenze contadine, gli antichi rituali e il manicheismo inizia a farsi sempre più stretto e dunque anche il rapporto eresia-magia. Nel ‘400 però nasce la vera e propria disquisizione demonologia, la stregoneria era solo frutto di illusione, seppur diabolica, o le cerimonie, come sabba o rituali erano realmente espletati, la questione “in somnis o corporalier” era di inimmaginabile importanza, le “cavalcate” infernali con Diana Paganorum da semplici illusioni iniziano a materializzarsi anche a causa delle parole delle stesse streghe che ammettevano di recarsi al convegno satanico “lassando a casa il corpo”, tanto che anche il sonnambulismo sarà spesso associato al volo stregonesco come poi ritroveremo nello stesso Malleus Maleficarum.
“esempi provino almeno non essere impossibile il trasporto dei Maliardi al congresso notturno, poiché l’impossibilità del loro trasporto è una delle più forti obiezioni che si formino contro l’opinione che li sostiene”
“sappiamo dal Vangelo che il demonio portò il nostro signore Salvatore su la cima del Tempio di Gerusalemme. Sappiamo altresì che il profeta Abacuc fu trasportato dalla Giudea in Babilonia per portar da mangiare a Daniele…il Diacono San Filippo fu trasportato dalla strada di Gaza a Azot…che il Mago Simone fu dal Diavolo alzato in aria e precipitato dalle orazioni dell’Apostolo San Pietro”
Anche le trasformazioni delle maliarde in animali, e in particolare in gatti, diventavano realtà, molti erano i popolani che raccontavano di aver ferito delle sorciere sotto forma di gatti, e poi di trovare il giorno successivo su alcune donne del paese le stesse inferte agli animali. Nel 1484 sarà papa Innocenzo VIII a dal inizio, con la sua bolla Summis desiderantes affectibus, alla infausta caccia, ratificata poi dal famoso Malleus Maleficarum dei domenicani Jacob Sprenger e Heirich Kramer. E’ nel XIII secolo che nasce quella che sarà una propria caccia a questa “novella strega”, la vecchia figlia di Diana scompare, la stessa dea subisce un forte ridimensionamento a schiava di Satana, i processi entrano nei tribunali, tra il XIV e il XVII sec., il cui apice si presenta tra il 1500 e il 1650, nove milioni di donne furono trucidate a causa di tradizioni apprese di generazione in generazione e che eran solo il lontano ricordo di antichi culti naturali. Isolati, ma non dimenticati, polverosi documenti e ingiallite carte sono silenti testimoni dello scorrere dei secoli, indelebili segni di un terrificante passato che costituisce una tra le più oscure pagine all’interno della storia della civiltà occidentale.
[1] Apuleio, Metamorfosi, XI5
Eh già….. brutta storia
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