di Andrea Romanazzi
Il Museo delle Streghe di Peio, in Trentino, è un museo etnografico dedicato alla magia e stregoneria popolare. È il museo più piccolo della regione (35 mq), ed è sito a Pejo in Via XXIV Maggio, in un cortile interno. Raccoglie circa 400 reperti di provenienza trentina e veneta, italiana e internazionale: rappresentazioni, libri, amuleti, oggetti del quotidiano, con etichette e i pannelli illustrativi che permettono di orientarsi e avere informazioni specifiche su ogni reperto.


Il Museo, con un approccio ento-antropologico di eccellenza, ha lo scopo di salvaguardare e valorizzare le tradizioni del magico. Attraverso la visita si accede ai numerosi aspetti della stregoneria in diversi contesti culturali: dall’iconografia della strega nella cultura popolare e l’influenza che ebbero queste Donne Sagge nel mondo agricolo-pastorale, ai loro luoghi di culto, dai metodi di divinazione, agli gli amuleti e molto altro.
Un esempio di amuletistica è, il corno di cervo che veniva tradizionalmente portato sul seno dalle mamme in fase di allattamento per evitare che lo sguardo invidioso asciugasse loro il latte, o posto sulle culle dei bambini a difesa dal malocchio. Tirolo, XIX° sec.”

Il Museo ben si inserisce, dunque, nello studio del folklore locale e delle strie o zòbiane, da zobìa, cioè giovedì, il giorno in cui, secondo la tradizione, esse si riunivano per i loro sabba. Del resto il Trentino è la regione ove più forte è la tradizione di riunioni stregonesche a cui capo vi era Diana o Erodiade, sicuramente retaggio di antichi culti pagani legati ad Ecate che, soprattutto nel Nord Europa, si trasformarono nella caccia selvaggia. La tradizione vuole che in particolari notti dell’anno, l’”esercito furioso” costituito da anima dannate, spettri inquieti, streghe, fate, folletti, guidato da figure mitizzate o antiche divinità, irrompano nel mondo dei viventi inscenando fra boschi e campagne, terrifici cortei.
(per chi vuole approfondire il tema regionale suggeriamo anche il link ad un nostro precedente lavoro)
Particolarmente interessante è la teca legata alla magia infantile, dove è presente una cuffietta neonatale che fu oggetto di fattura sino all’esorcismo praticato da un parroco locale e che sembrerebbe continuare a scucirsi da sola giorno dopo giorno.
In realtà il Museo propone anche oggetti legati alla stregoneria internazionale come l’area tibetana o africana. Una intera teca è dedicata a feticci africani

Tra gli ultimi reperti arrivati ad esempio, vi è un interessante manico di pugnale rituale indonesiano (kris). In esso sarebbe racchiuso lo spirito della strega resa inoffensiva dall’asportazione della lama. In Indonesia, le morti improvvise o malattie non diagnosticabili vengono spesso attribuite alla stregoneria. I balian, i guaritori tradizionali, individuano i responsabili praticando complessi rituali e attraverso la lama del pugnale indirizzano lo spirito, intrappolato nel manico, verso il colpevole per punirlo e/o persuaderlo dal suo intento malevolo.

Per chi volesse visitarlo, basta contattare il proprietario, Vittorio Pirri, contattate il museo attraverso la pagina Facebook, l’apertura è in genere nel periodo estivo la mattina dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19.
Questo è un museo che visiterei con molto piacere. In Italia abbiamo un vasto mondo dedicato alle streghe e al folklore e sarei più che interessato ad approfondire ancor di più la tematica.
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